La libertà
È che il tempo vola.
Ci stiamo rinsecchendo, mi diceva mio fratello mentre consumava il pavimento e le mie speranze in un avanti e indietro incessante.
Beatrice, guarda, guarda quel canarino, e indicava Cippi il canarino giallo sbiadito chiuso nella gabbia appesa accanto alla finestra, noi siamo come quel canarino: pallidi, senza più sogni e speranze, vecchi vecchi!
Capivo che diceva “noi” ma era a me che si stava riferendo.
Lui scoppiava di salute, sembrava un pavone intento a mostrare la ruota, viveva come se al mondo ci fossero solo luna park e balere, affondava le mani nella vita e si portava via il meglio.
Bastava una rapida occhiata per capire chi di noi due ricordava di più Cippi, piume sbiadite comprese.
Tu non imparerai mai niente, mi diceva guardando dalla finestra l’orizzonte sporco di fumo.
Finalmente c’era arrivato al “tu”. Da adesso in poi, lo sapevo, il suo monologo mi avrebbe vista come unica e incontrastata protagonista.
Cominciò a snocciolare i miei fallimenti come i grani del rosario.
Mentre parlava mi sono alzata e ho aperto la gabbia di Cippi.
In quel pomeriggio intenso ho imparato tre cose:
il tempo vola e si porta via le nostre speranze;
i canarini volano se aprite loro la gabbia;
i fratelli volano se aprite loro le finestre.
©Barbara Garlaschelli, Frassinelli, 1997