Sé/dici [12] di Raffaele Rutigliano

© disegno di Raffaele Rutigliano

DODICI/16

La profumeria sbanca. Certo, ma le cinquanta sfumature di che? Dei collant sgualciti di Bazarovi (Vita standard di un venditore provvisorio di collant di Aldo Busi) ?
No, non tirerò in ballo un personaggio tanto riuscito.
Le tematiche attiravendite non sempre collimano con contenuti da uno stile degno. In tal senso il marketing compie un lavoro di finzione, non da educatore sociale: compie, cioè, un’opera di canalizzazione delle attenzioni, anche dei più con paraocchi, su un prodotto equiparabile alla canna del gas…, per procurare una dipartita mentale, facendo in modo di far passare il gas per Violetta di Parma.
Ricredersi, invece, no? Prendere atto di opere da insufficienza renale è cosa tanto ardua?
Non siamo neanche equiparabili alle cortigiane dai capelli rosso Tiziano nella Venezia del Castelletto. Loro sì che sapevano cosa fosse la parola. Certamente una parola parlata, sentita, scambiata sopra le lenzuola, che parte da una base borghese per spingersi verso un livello più alto di cultura, senza regole e in piena libertà.
Un’alta espressione la riscontriamo nella produzione di Veronica Franco:

Arsi, piansi, cantai; piango, ardo e canto;
piangerò, arderò, canterò sempre
(fin che Morte o Fortuna o tempo stempre
a l’ingegno, occhi e cor, stil, foco e pianto)
la bellezza, il valor e ‘l senno a canto,
che ‘n vaghe, sagge ed onorate tempre
Amor, natura e studio par che tempre
nel volto, petto e cor del lume santo;
che, quando viene, e quando parte il sole,
la notte e ‘l giorno ognor, la state e ‘l verno,
tenebre e luce darmi e tôrmi suole,
tanto con l’occhio fuor, con l’occhio interno,
agli atti suoi, ai modi, a le parole,
splendor, dolcezza e grazia ivi discerno.

Desidererei, in questo preciso momento, essere un alto magistrato della Repubblica di Venezia.

© Raffaele Rutigliano, 2014


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