Scorie [3]

© ph. A. Martinenghi

IL TELEFONO PER VIVERE

Ti guardo guardare il telefono come un libro di preghiere. Ogni giorno. Ti siedi sola, ordini una spremuta d’arancia e guardi nell’oracolo. Di te non resta che una buccia vuota, assorta, il viso illuminato, le mani di una scultura. La tua bellezza è solo per me, ma tu non te ne accorgi. Ti fisso, ma tu mi ignori. Intorno la vita accade, ma tu non ci sei.

Le vite degli altri te la racconta lui. La sua versione. Sempre migliori, più interessanti della tua. Quadrangolari di conoscenze con regia attenta. Taglio e montaggio curato, luci e riflettori sulla festa di mercoledì sera a cui non sei stata invitata. Però lui c’era. Contatto cancellato, bloccato, bannato, sradicato dalla tua esistenza e dai mazzi di chiavi che avevate gemelli. Restano gli amici in comune però – più suoi che tuoi a questo punto – e le loro stramaledette feste di compleanno del mercoledì. Ti vedo: le pupille si fanno strette quando lo riconosci, pollice e indice a ingrandire l’immagine, scrutando ogni pixel. Sorride. Un sorriso dentro cui tu non sei più. Porta ancora la camicia bianca di due Natali fa. Sai fare regali perfetti quando vuoi. Non c’è nemmeno bisogno di stirarla, se la si stende bene.

«È finita Bea. È finita…» ha detto un giorno, come si direbbe «Sta per piovere…» ma tu non avevi capito che sarebbe piovuto. È tutto scritto nei whatsapp con Alessia: l’infinito ripetersi delle stesse frasi, messaggi vocali che sembrano audiolibri, sfoghi in piena notte, screenshot che lei ruba dall’Instagram di lui.  Alessia lo chiama “il grande merda” e condisce il suo supporto da amica deliziosa con emoticons a forma di cacche sorridenti.

Ti sei iscritta a Tinder, Badoo, How about we, Ok Cupid, LinkedUp per cercarlo.  Digiti il nickname, allora zoomo stretto: leggo “Gentesta” e so cosa significa perché l’hai spiegato ad Alessia mille volte.  Lui ti chiamava: “tanto gentile e tanto onesta par…”  quando ancora eri la sua Beatrice, poi abbreviato in gentile e onesta e poi in Gentesta, che quelli che si amano le parole se le inventano… Speri di trovarlo lì, da qualche parte nel web, piuttosto che a fare l’aperitivo con qualcuna poco gentile e per niente onesta. Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, LinkedIn: lui lascia tracce virtuali ovunque, abita il tuo cellulare e i tuoi pensieri più di un’ossessione. Ti accontenti di quelle briciole, come un passero nel gelo d’inverno.

Riguardi le foto, sempre le stesse, sempre più lontane nel tempo. Poi ne hai fatte sempre meno. Hai smesso di ascoltare la musica, di contare i passi e le calorie, di fare i video scemi su Snapchat. Aspetti. Il telefono non lo spegni mai. Aspetti. Forse un giorno lui richiamerà, anche se il contatto è bloccato, il whatsapp bannato, messanger cancellato. Aspetti. Un modo lo troverà, se solo volesse. Se solo volesse…

Intanto la vita accade, ma tu non ci sei. Distaccata, ma sempre connessa. La tua bellezza è solo per me, ma tu nemmeno te ne accorgi. Anche io son sempre qui – fisso – ma per me è diverso. Finisci la spremuta d’arancia e te ne vai, come ogni giorno. Stringi il telefono nella mano. Vorresti buttarlo lontano, mandarlo in mille pezzi.  Non alzi nemmeno la testa, ma al mio occhio di telecamera attenta non sfugge il riflesso delle lacrime che scendono dai tuoi.

© Anna Martinenghi, 2017

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