Scorie [1]

© foto estratta da Pinterest

TROLLEY

55-40-23. La mia misura è quella. Su per giù. Per i dettagli serve consultare le tabelle delle compagnie aeree. Una vita a dieta la mia. Se il mio peso aumenta, se prendo solo qualche centimetro sul girovita e non scivolo più in quelle patetiche rastrelliere di prova, smetto di essere l’agile bagaglio a mano con ruote piroettanti. Non provate a incellofanarmi, a stringermi in quei condom imbarazzanti, non servirà. Loro lo vedono a occhio se ho preso qualche chilo. Ed è colpa vostra se mi danno della culona, se vengo declassata a bagaglio da stiva, a borsaccia a pagamento perché non entro più in quelle maledette cappelliere! Che poi, chi hai mai portato un cappello così grande in aereo? Forse le guardie di sua Maestà?

Io devo seguire una dieta sana: mangiare poco e bene e invece voi m’ingozzate, non mi date tregua. Ci deve stare tutto: il telo per la spiaggia, il piumino che non si sa mai, gli stivali della pioggia, la pasta che senza non riuscite a starci manco una settimana, il giro delle mutande, la sciarpa per il vento, il ventaglio per l’afa, la berretta con il pon pon di volpe, il pigiamino preso su Amazon, i jeans che tirano su le chiappe, i tappi per le orecchie, la mascherina per dormire, i reggiseni imbottiti, il pareo, l’impermeabile, lo spolverino, il trench o come diavolo si chiama! A mano mi chiamo io! Bagaglio-a-mano!

E non tiratevela se avete l’ultimo modello in policarbonato Makrolon strutturato con ruote multidirezionali e chiusura TSA per gli Stati Uniti. Io quelle tro..lleyine le odio. Tutta fuffa! Altro che antigraffio, bastano un paio di fine settimana a zonzo e si riducono peggio di Donatella Versace dopo la liposuzione. Guardate me: temperamento morbido, scocca resistente, trolley senza pretese per una vita low-cost. Sono blu e allora?

Ce ne sono millemila come me e io non ho nemmeno un nastrino arancio a distinguermi, una targhetta identificativa, un lucchetto da diario segreto. Sono di un blu anonimo, un po’ sformato e lo sareste anche voi se foste costretti a passare dieci mesi della vostra vita sepolti in una cantina buia sotto quelle rigidone della Samsonite che non usate più.

Eppure provate a piantarmi in aeroporto: blu, anonima, sformata, abbandonata. Dieci minuti e arrivano l’esercito e gli artificieri. Per me! Pare non convenga infilare una bomba in una Louis Vuitton.  I terroristi col braccino corto preferiscono me! Che delusione quando la bomba non c’è, ma trovano solo il giro delle mutande sporche, la Barilla avanzata e le galosce di Peppa Pig. Molto meglio finire ai “Lost & Found”, lì c’è speranza che qualcuno mi sospiri ancora.

Il peggio è quando mi annusano i cani. Ecco, quello proprio non lo sopporto. Sarà perché a loro piace sniffarsi il culo, perché il loro naso è grosso e umido e si fanno sgarbati e aggressivi. Come fosse colpa mia se la gente non sa dove nascondere certa roba. Poveri umani! Quei cagnacci col naso sentono mille volte meglio di voi bipedi. Una volta sono rimasta in gattabuia una notte intera perché uno di quei nasuti ha sentito il profumo di Google. Vallo a spiegare ai finanzieri che ero di proprietà di un coglione che ha chiamato il suo gatto come un motore di ricerca e che tale gatto dormiva regolarmente nella mia pancia, perché Mister Ordine mi abbandonava semi aperta in un angolo della lavanderia.

Bei ricordi! Ne ho fatta di strada da allora. Dopo l’affair del gatto sono stata piantata senza troppi complimenti accanto a un cassonetto. Bella riconoscenza: sedotta, annusata e ripudiata col pelo di gatto. Non sono finita in discarica però, diciamo che sono stata riciclata. Niente più aerei, ma ho girato il mondo lo stesso, di mano in mano, di auto in auto, poi treno, pullman, vecchie jeep e camion sgangherati. Fra asfalto, sterrato e pietre ho perso pure una rotella. Non sono nata per il trekking io!

Sono molto smagrita, quasi vuota ora. Eppure l’ultimo viaggio è stato bellissimo. Il più scomodo, ma di certo il migliore. Lei era piccola e buffa. Occhi scurissimi, capelli a molla incrostati sulla testa. Mi guardava come nessuno prima aveva mai fatto. Come fossi una cosa preziosa. Mi ha affidato un vecchio coniglio di pezza tutto bucherellato e senza un occhio, un fazzoletto colorato, fogli di carta scarabocchiati, un solo pennarello blu. Come me. Nient’altro. L’ho sentita la voce della donna urlare che non c’era niente da portare in quel viaggio, ma la bimba mi ha trascinato con sé, anche se avevo solo tre ruote. Ha camminato tanto e non mi ha mai lasciata andare. Ero il suo tesoro.

Quegli uomini non l’hanno capito.  Mi hanno strappata da lei, dalle sue manine di cioccolato e mi hanno buttata in mare. Forse non c’era posto per me nelle cappelliere di quella barca.

Ora sono qui: blu su fondale blu, con un coniglio nella pancia e un pennarello che disegna le onde. Chissà se la bimba ce l’ha fatta ad attraversare il mare…

© Anna Martinenghi, 2017

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