Piccole storie

©Jack Vetriano

ASPETTO

Aspetto.
Che mi alzino dal letto.

Aspetto.
Che mi lavino.

Aspetto.
Che mi vestano.

Aspetto.
Che mi preparino la colazione.

Aspetto.
Che mi portino nel mio studio.

Quel rumore di foglie calpestate che fa  il postino per attraversare il sentiero che porta alla buca delle lettere. Il profumo della sigaretta della mia vicina di casa che ogni mattina consuma la sua dose di piccolo piacere prima di recarsi al lavoro.

Aspetto.
Che mi raccolgano la penna  che mi è caduta.

Aspetto.
Che arrivino le idee.

Aspetto.
Che mi portino il secondo caffè.

Dalla finestra vedo gli alberi che si agitano al vento e le nuvole che gareggiano su chi per prima supererà la cima del pino alto. Il cielo è grigio a chiazze azzurro pallido. Non sa che fare, se trasformarsi in autunno pieno o regalare una nuova manciata d’estate.

Aspetto.
Che arrivi l’ora di pranzo.

Aspetto.
Che mi portino da mangiare.

Aspetto.
Che mi raccolgano il tovagliolo caduto a terra.

Aspetto.
Che il mio cane smetta di leccarmi la mano.

Aspetto.
Che mi versino da bere.

Aspetto.
Che m’imbocchino.

Un disco sta suonando un valzer . Mi concedo un ricordo. Io e te che ballavamo lievi e rapidi come libellule in un salone affollato di gente dal passo pesante. Noi, che volteggiavamo ignari di tutto.

Aspetto.
Che mi puliscano la bocca.

Aspetto.
Che mi lavino i denti.

Aspetto.
Che mi sdraino per il riposo pomeridiano.

Il profumo di mele e cannella arriva alle mie narici. Qualcuno sta preparando una crostata. Mi piacciono le crostate. Sorrido perché me ne spetterà una fetta stasera.

Aspetto.
Che mi mettano seduto, a letto, però.

Aspetto.
Che mi portino il te.

Aspetto.
Che accendano la Tv che non seguirò.

Il sole, apparso come uno scherzo, è calato dietro la collina. Appena il buio ha invaso il cielo, una lampada è stata accesa nella mia stanza.

Aspetto.
Che mi portino la cena e la fetta di crostata di mele e cannella.

Aspetto.
Che spengano la Tv.

Aspetto.
Che mi sdraino.

Aspetto.
Che mi rimbocchino le coperte.

Il bacio sulla guancia che mi davano mia madre e mio padre prima della buonanotte. Due ali di farfalla.

Aspetto.
Che mi diano le pastiglie.

Aspetto.
Che spengano la luce.

Aspetto.
Che chiudano la porta.

Aspetto.
Di addormentarmi.

Ti prego fa’ che sia l’ultima dio che non ci sei fa’ che sia l’ultima notte, l’ultima fetta di crostata, l’ultima pastiglia, l’ultima penna caduta, l’ultimo tovagliolo caduto, l’ultima leccata del mio cane, l’ultima riga, dio del cielo autunnale fa’ che chiuda gli occhi e finiscano  la notte e il giorno.

 
© Barbara Garlaschelli, 2017

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