Penna e quaderno di Paolo Gerbella

SCRIVERE

Scrivere può essere un atto di coraggio verso se stessi, soprattutto.
Uso il dubitativo perché francamente non ho risposte in merito, perlomeno non le ho certe.
Scrivere rappresenta anche tante altre cose e ciascuno che scrive ha la propria, valida sempre e comunque per sé.
Insomma, comunque la si voglia mettere, la specie umana ha tra le sue caratteristiche questa: la scrittura, in tutte le sue forme, dal graffito al web, dal libro alla canzone, dalla poesia allo stornello. Alla fine lasciar traccia sembra innato.
Ho scritto due brevi romanzi in passato, un centinaio di canzoni, una commedia brillante, pagine di blog su una fantomatica osteria (http://pgerbella.blogspot.com/), qui su Sdiario, pensieri quotidiani sui social e racconti adolescenziali sul diario di scuola durante tutte quelle ore di lezione che mi sembravano insopportabili.

SONO SCRITTORE?


Fa di me uno scrittore tutto ciò? Non so, non credo, ci va ancora altro.
Fa di me uno scrivente pensante, questo sì e lo rivendico.
Sono uno pigro, scrivo quando ho da dire qualcosa che sento, altrimenti mi perdo in masturbazioni cerebrali dagli orgasmi incerti. Scrivo perché le parole che si vengono a formare una dopo l’altra sul foglio hanno qualcosa di magico a cui non posso rinunciare e scrivo canzoni perché sono l’antitesi del mio essere prolisso obbligandomi alla sintesi: esercizio a volte dannato da compiere.
Per scrivere le canzoni uso rigorosamente quaderno e penna ed entrambe devono avere delle caratteristiche precise, dalla dimensione del foglio e la sua sostanza sino alla fluidità della penna e il tipo d’inchiostro.

ARMONIA E PAROLE


Quasi sempre scrivo prima l’armonia e poi le parole; anzi, a dirla tutta, vengono proprio insieme perché certe parole hanno un suono preciso e certi suoni possono essere vestiti solo da determinate parole.
Queste ultime le cerco come un matto, non m’accontento della prima che viene, cerco i sinonimi e lavorando sulla metafora provo, a volte riesco, a costruire immagini che consentano la dannata sintesi: devo stare nei 3-4 minuti al massimo, che già di questi tempi sono considerati alla stregua di Guerra e Pace.
Scrivo spesso all’aperto, su una panchina con la chitarra rovesciata sui femori a mo’ di scrittoio.
Amo quel triplo gesto repentino: scrivere una frase, posare il quaderno di lato, girare la chitarra e cantare quella fase per vedere l’effetto che dà, ripetendolo all’infinito finché tutta la forma canzone non è giunta al suo termine.
Ci sono canzoni che hanno avuto aiuti magici, scritte quasi in trance, come se una mano guidasse la mia al pari dei pensieri: è accaduto in un paio di “Io, Dino”.
Magia. Non saprei come altro definirla.
Quando si arriva al termine della scrittura, lì viene il difficile: capire se funziona, se ha senso d’esistere.
In genere la riprovo il giorno seguente e per capire se funziona.
Se mi dà noia o fastidio l’abbandono subito, viceversa se è una frase a non girare o una nota, comincio a lavorare di lima e seghetto sino a che non trovo l’equilibrio.
Se ripetendola spesso viene a piacermi, allora ci siamo, la canzone è riuscita.
Riuscita poi per chi?
Per me naturalmente.

L’ATTESA

Poi comincia lo stillicidio dell’attesa che possa piacere anche ad altri.
Perché, diciamola tutta, alla fine si scrive perché qualcuno legga e possibilmente gradisca; si scrive perché il nostro Ego sia rafforzato; si scrive perché si è trovato quel coraggio che in molte situazioni manca. Si scrive sperando di farne un lavoro e con esso pagarsi bollette e sussistenza.
Ho molti quaderni pieni di scritti in casa, mi seguono da anni e ne sono gelosissimo; ogni tanto li prendo e rileggo, spunto delle frasi buone dentro a dei contesti orribili e le metto da parte per cose nuove che potranno venire a trovarmi e quando verranno vorrò esser lì ad accoglierle con quello stupor magico di cui non posso fare a meno e per il quale, chissà, un giorno o l’altro potrò esser ricordato.
Intanto, nel presente, si va in cerca di concerti da fare, persone da convincere del tuo lavoro e pubblico da “conquistare” ma soprattutto, nuove idee da trovare e da sviluppare.
Quaderno e penna sono sempre pronti lì sul tavolino all’ingresso di casa.

©Paolo Gerbella, 2019


Nel video Paolo Gerbella e il violinista Mattia Tommasini

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