ParoleNote [2] di Paolo Gerbella

PALCOSCENICO… OH, MY GOD!

Mettiamo subito le cose in chiaro: non me lo ha ordinato il medico di scrivere canzoni.
Premesso questo, quando comunque ti impegni a svolgere quel lavoro, bisogna che tieni in conto alcuni fondamentali passaggi:
1) Credi in ciò che fai e svolgilo meglio che puoi;
2) Studia e documentati, leggi, ascolta, non dar giudizi sui colleghi;
3) Pianifica un tempo coerente per sviluppare il tuo lavoro;
4) Individua chi sei, cosa sai e puoi scrivere e, soprattutto, chi potrebbe ascoltare;
5) Provaci e riprovaci e riprovaci e poi fai autocritica;
6) Spenditi e proponiti per concerti, apparizioni, visibilità. Creati una rete di contatti: sii credibile;
7) Lavora, perchè far canzoni, musica è lavoro.

Indico queste sette considerazioni perché le trovo un buon punto di partenza.
Come tutte le partenze deve seguire un percorso e possibilmente un traguardo: per chi fa canzoni questo spesso coincide con il pubblicare dei dischi e proporli dal vivo davanti a un pubblico. Senza esso non ha senso impegnarsi in questo lavoro: lavoriamo per un pubblico interessato alle nostre creazioni.
Un po’ come uno che produce salami o bulloni cerca un cliente.
Quindi che fare?
L’offerta di musica e canzoni è molto elevata; siamo in tanti, un po’ come nella letteratura: quasi più gente che scrive rispetto a chi legge. Ma non ci si deve abbattere perchè abbiamo il punto 1 e 4 che ci guidano in questo.
Con il 2 e 7 edifichiamo la nostra casa, che non può partire dal tetto e che necessita di cure costanti e pazienza: quella che il punto 5 suggerisce. Qui, in particolare, non deve mancare un briciolo di sfrontatezza ma è indispensabile l’autocritica, altrimenti si finisce per diventare piagnoni e in guerra con il mondo: se non piacciono le nostre cose… facciamocene una ragione, si possono fare tanti altri lavori divertenti e gratificanti.
Per questo, vedi punto 3, meglio dare un tempo coerente alle proprie risorse mentali, fisiche ed economiche per tentare questo lavoro. Lo si farebbe anche aprendo un bar o un’attività in proprio di consulente o badante. Insomma, siamo pratici.
Il punto 6, infine, è quello che mette a dura prova tutto il resto ed è un tempo indefinito d’attesa tra una mail e l’altra a teatri, locali, giornalisti, festival, editori, produttori, promotori, assessori, amici, amici degli amici, parenti alla lontana, zie e quanto d’altro. Superare questa fase è la parte più dura ma è indispensabile: nessuno ti regala credibilità.
Sebbene a volte non spiacerebbe un filo di considerazione in più: ma è un sentimento che devi accantonare in fretta se non ti vuoi ammalare e deprimere, a volte, anche pericolosamente.
La rete relazionale è importante e lì ciascuno abbia la propria strategia.
Per qualcuno funziona l’arma empatica/simpatica; per altri la forza delle proprie idee;  altri ancora la posizione prona, spesso un mix di tutto: ciascuno valuti a piacimento.
Quando finalmente accade che un riscontro c’è e la porticina del retropalco finalmente si apre al palcoscenico… beh, in quel momento ti senti felice e fortissimo tanto da esclamare nel tuo intimo “ Il palcoscenico, oh my God!” e appena le luci si spengono e il pubblico va via, speranzoso sia rimasto contento di te e del tuo lavoro, in quel preciso momento hai 24 ore per godere e far scendere l’adrenalina, sapendo che allo scoccare della ventiquattresima ora e un secondo, tutto ricomincerà come prima e quel lavoro, visto che è il tuo lavoro, lo dovrai consolidare e riproporre aggiungendo sempre un pezzetto in più.
Che poi, a ben vedere, altro non é che la vita.
Ah, se poi qualcuno vi ferma per strada dicendovi “ si ma di lavoro cosa fai?” beh, non lesinate generosi “fanculo!”
Buona musica e parole a tutti.

© Paolo Gerbella, 2018

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