Oblò [8] di Chiara Munda

Immgine da web

PAOLO E FRANCESCA 2.0

Oggi dovevo fare dei pagamenti. Che già è un’attività poco piacevole di suo, ma vabbè, ogni tanto s’ha da fare. Emetto il sospiro dei pagatori svogliati e mi loggo sul sito della banca; contemplo il mio miserrimo saldo e mi ripeto che l’importante è la ricchezza interiore. «Dillo ai creditori» mi risponde il mio venale grillo parlante. Lo ignoro come sempre e vado a disporre l’operazione; immetto tutti quei cazzo di numerini, di sequenze alfanumeriche e di password segretissime e il sistema mi risponde, come sempre, di attendere l’sms col codice di conferma per dare l’ok. Come sempre, mi immagino la riunione tra funzionari che ha portato a tale procedura. Vedo chiaramente una sala meeting con una pianta vera che tutti credono finta, una lavagna luminosa e una a fogli rimovibili e tante cartellette blu sul tavolo. Gli addetti alla sicurezza istruiscono il personale IT su come impostare il tutto. «Sarà sufficiente loggarsi sul sito, immettere i dati e confermare tramite codici dispositivi. Ci sono obiezioni?» Silenzio, nessuno ha nulla da ridire; la seduta sta per essere tolta, quando entra il creativo. Indossa un cappello da Willy Wonka e le scarpe da elfo di Babbo Natale con il campanellino sulla punta. «Così non c’è divertimento, il cliente vedrà i pagamenti come un’attività noiosa! Ci vuole un po’ di brio, trasformiamo il tutto in una caccia al tesoro!». E così fu! Adesso ogni volta che devo fare un F24, mi trovo a racimolare codice cliente, password di primo livello, password di secondo livello, password leggendaria di quarto livello, data di nascita mia e dell’anima gemella che mi sta aspettando, foto di mia nonna da giovane, data della prima comunione di mio figlio, capelli di Bisio e sangue di una vergine; poi, attendo che il sistema processi la mia richiesta e mi mandi l’sms con ulteriore codice dispositivo. Di solito, nel giro di un minuto o poco più, se sono stata brava a fornire tutti gli indizi, ricevo sul telefono, a mo’ di gratifica, il famoso codice dispositivo, quello che mi permette di raggiungere l’emozionante premio del pagamento dell’F24. Ma questa volta no, questa volta niente sms. Eppure sono stata brava, lo meritavo! Aspetto un po’, mi guardo intorno, tergiverso per ingannare l’attesa, tamburello le dita sulla scrivania (di solito aiuta ad accelerare le procedure), poi mi arrendo e faccio quello che fa il cliente medio in difficoltà: chiedo a Paolo, l’assistente virtuale. «Buongiorno Paolo» gli scrivo in chat «ho disposto un’operazione, ma non ricevo l’sms col codice di conferma». «Sono solo un software», risponde «ti chiedo di formulare frasi più semplici o di contattare il call center». Ora, a parte che la frase «sono solo un software» che sottintende «e non una persona in carne e ossa» ricorda tantissimo Pinocchio e un po’ mi muove a commozione. A parte il fatto che ho scritto una frase semplicissima e non è possibile chiarirla ulteriormente. A parte tutto, sento un brivido lungo la schiena solo a leggere la parola call center. No, il call center no! Chiedo ancora a Paolo, ma niente, si irrigidisce sulle sue posizioni. Se si comporta così non diventerà mai un bambino vero! Lo penso, ma non glielo dico, non servirebbe a nulla togliergli la speranza. Mi preparo a fare la prima mossa verso la vecchiaia: comporre il numero verde e chiedere di parlare con la signorina. Il risponditore automatico, che quando lavoravo al call center chiamavo IVR e che adesso ho ribattezzato Francesca, perché fa coppia con Paolo, mi dà il benvenuto. Grazie Francesca, molto gentile. Poi si prende troppa confidenza, mi fa domande personali che manco il mio confessore. Dopo aver inserito il codice cliente, la seconda e la quarta cifra del codice 21 della password di secondo livello, averle raccontato com’è finito il mio primo amore a averle proposto di berci un caffè insieme, che tanto ormai siamo intime, mi suggerisce di digitare due per pagamenti. Digito due e l’anziana signora che è in me spera che Francesca mi proponga di digitare un altro numero per parlare con un operatore. Tutti gli anziani bramano parlare con un operatore principalmente per incolparlo della lunga attesa, dei dolori alle ossa, insultarlo perché non gli risolve i problemi con un click, dargli dello stronzo per motivi di varia natura o ricordargli che un tempo qui era tutta campagna. Ma io non farò così, Francesca, te lo prometto, sarò educata e civile con chi mi risponderà. I miei propositi di gentilezza, tuttavia, non vengono ripagati dal cuore di pietra di Francesca. Senza mostrare empatia con chi si è confidata con lei, mi spiega che da lì non posso più andare avanti per motivi di sicurezza perché sto chiamando con un numero diverso da quello riportato in anagrafica. Mi invita a richiamare. Francesca, mi hai delusa, ti consideravo un’amica. Ora, cuori spezzati a parte, esiste una legge non scritta che spiega che per chiamare due volte di seguito un call center bisogna aspettare almeno la menopausa e non intendo trasgredirla. Mi comporterò come faccio sempre quando ho un problema tecnico: farò un riavvio e aspetterò che si risolva da solo, di solito funziona.
Intanto fantastico su come sarebbe il futuro per i nostri Paolo e Francesca 2.0. Potrebbe essere l’inizio di una storia d’amore fantascientifica.

© Chiara Munda, 2017

(Questo racconto è già apparso su fb).

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