Oblò [3] di Chiara Munda

© ph. C.Munda

DI BORGHESIA, DI PRUDENZA E DI LENTICCHIE DI NORCIA

Di fronte a casa mia dormono due senzatetto; sono dall’altro lato della piazza, non posso non vederli: li vedo dalla camera da letto e dalla cucina. In questi giorni li vedo pure con la finestra chiusa. Uno arriva la sera prestissimo, intorno alle 7, minuto più, minuto meno, l’altro lo raggiunge più tardi, non prima delle 11. Appoggiano un materasso davanti al portone della scuola, sotto il portico, dove è un po’ più riparato. Rimangono lì tutta la notte e vanno via la mattina presto, prima dell’inizio delle lezioni. Quando mi sveglio non ci sono più e ogni volta mi chiedo dove saranno andati e se la sera torneranno. E la sera tornano sempre.
La settimana scorso ho chiamato il numero del comune per segnalare le persone in difficoltà, mi hanno detto “andiamo a vedere”, ma non è cambiato niente: tutte le sere sono lì e tutte le sere mi chiedo perché preferiscano passare la notte all’addiaccio e non al dormitorio, dove, almeno per l’emergenza freddo, avrebbero un tetto vero e non una copertura di fortuna. Ogni volta che mi sorprendo a fare questi ragionamenti realizzo quanto sono benpensante. E non è un bel pensiero.
Tutte le sere prima di andare a dormire chiudo la finestra e li guardo: sono imbacuccati nelle coperte, nell’angolino tengono il carrello con le loro cose. Ogni volta che chiudo la finestra, penso che in casa ho due posti letto liberi, pure tre, e che sono posti letto comodi in un appartamento riscaldato, col piumone Ikea e le lenzuola nuove. E sono tentata di prendere l’ascensore, attraversare la strada e dir loro “salite a dormire da me, c’è un sacco di spazio”, portarli a casa e farli scaldare un po’. Ma forse ospitare in casa propria due barboni non è la soluzione più prudente che si possa immaginare. Allora chiudo la finestra e mi dimentico di loro per dormire tranquilla.
Ieri sono tornata a casa intorno alle 8, minuto più, minuto meno. Ero stanca, affamata e raffreddata, avevo voglia di qualcosa di caldo. In dispensa avevo un pacchetto di lenticchie di Norcia, quelle che non vanno neanche messe a bagno la sera prima. Ho guardato fuori dalla finestra, uno dei due era già lì, l’altro sarebbe arrivato a breve. Ho finito il pacchetto di lenticchie, l’ho svuotato tutto nella pentola con l’aglio e la cipolla, le ho fatte cuocere e le ho portate alla temperatura della fusione del nocciolo; le ho messe in una terrina blu in plastica dura, ho aggiunto due cucchiai, due tovaglioli di carta e un numero imprecisato di mandarini; ho preso l’ascensore, ho attraversato la strada, ho appoggiato la busta di fianco a loro.
Non mi sono mai sentita così borghese.

© Chiara Munda, 2017

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