No fake [4]

Football – 1950 / 1951 First Division – Wolverhampton Wanderers 2 Charlton Athletic 3
Charlton goalkeeper Sam Bartram at Molineux.

 

 ASPETTANDO SAM
La vera storia di Sam Bartram
(Trilogia dei portieri parte 2)

Bisogna saper aspettare. Bisogna non avere mai fretta. È una regola d’oro che a Sam Bartram insegnano presto. Glielo dice Jimmy Seed dopo il suo debutto tra i pali con il Charlton Athletic, campionato inglese di calcio. Sei a zero. Un incubo per un portiere.
Devi aspettare, gli ripete Jimmy, e Sam aspetta, anche dopo la seconda sconfitta. Aspetta, abbi pazienza. E arriva la terza sconfitta consecutiva. A Sam, ogni domenica, prima di entrare in campo viene il mal di pancia.
Forse è proprio per questo motivo che quando le cose iniziano a girare bene, Sam di aspettare non ne ha proprio più voglia. Il Charlton conquista punti su punti, Sam Bartram, il portiere che sembrava goffo, senza stile e senza una tecnica particolare, diventa il beniamino dei tifosi. A vederlo, non gli daresti un penny di fiducia, così sgraziato nei movimenti che sembra sia capitato lì per caso. Però alla fine è l’efficacia ciò che conta. Ci sarà tempo per imparare i fondamentali.
Bartram è un portiere con uno stile tutto suo. Inventa le parate. Ti aspetti degli errori, invece ottieni emozioni.
Lo scrive il Daily Express a commento di una partita vittoriosa contro il Newcastle.
Aspettare. Sam Bartram è uno che ha saputo aspettare l’occasione buona prima di debuttare nel calcio che conta. Ha aspettato di avere la fiducia dei tifosi, scettici in un primo momento, e ha aspettato i risultati, le scalate alla classifica, le finali di coppa.
Quindi, a uno che ha aspettato così tanto, non gli si può far cruccio. Il 23 settembre del 1937, il giorno della partita tra Charlton e Middlesbrough, Sam si trova a sbrigare in fretta alcune formalità prima della partita. Non vuole arrivare tardi e la pazienza è poca. Quali sono queste formalità? Lo aspettano tutti in chiesa, i parenti e quella che sarebbe diventata la sua futura moglie. Sam deve sposarsi. Un impegno a cui molti dedicano mesi e mesi. Nessuno deve essere scontento. Ogni cosa va pianificata a dovere. Così gli invitati lo aspettano; lui arriva, aspetta che vengano dichiarati marito e moglie, e poi corre via, verso lo stadio, perché, sapete, anche lì ci sono degli invitati, i tifosi del Charlton. Si ricongiungerà, anima e corpo, alla novella sposa dopo una vittoria per uno a zero.
Sam Bartram è uno che ha imparato ad aspettare, uno che a un certo punto di aspettare non ha avuto troppa voglia, uno che poi si è ritrovato, suo malgrado, ad aspettare di nuovo. Come fosse una maledizione.
Perché il 26 dicembre del 1937, durante la partita del boxing day, il giorno in cui tutti si scambiano i regali, contro il Chelsea, una fitta nebbia cala allo Stanford Bridge. È chiaro a tutti, nonostante la gara sia giunta ormai al 60′ di gioco, che mai si sarebbe conclusa: la nebbia si è fatta via via più densa, tanto da impedire al pubblico di vedere cosa accade in campo e ai giocatori stessi di svolgere il proprio mestiere.
Sam Bartram, però, non può aspettare di festeggiare questa nuova vittoria, così prende coraggio e fiducia quando i suoi compagni ripartono verso l’attacco, sparendo dalla sua vista, per poi non tornare più indietro. Ride, Sam. Perché i suoi giocatori stanno martellando la squadra di casa, la stanno costringendo in difesa e lui è convinto che prima o poi il gol arriverà. Almeno lo spera, perché non vede assolutamente niente.
Sam Bartram è uno che ha imparato ad aspettare, e quando qualcosa te lo aspetti prima o poi accade. Una sagoma sbuca dalla nebbia diretta verso la sua porta. Sam pensa che sia un attaccante del Chelsea, poi abitua lo sguardo e definisce i contorni. No, non è un giocatore, né della sua squadra, né di quell’altra. È un poliziotto che, quando lo vede, gli dice: «E tu che diavolo ci fai ancora qua? La partita è stata sospesa mezz’ora fa…»
E questa è la storia del più importante giocatore che abbia mai indossato la maglia del Charlton. Uno che ha aspettato, che ha fatto aspettare, che ha aspettato un’altra volta.
Quel Santo Stefano del ’37, quando rientrò negli spogliatoi, trovò i suoi compagni, già cambiati e pronti per tornare a casa dai parenti. Pare che qualcuno, ridendo, gli abbia detto: «Ehi, Sam. Ti stavamo aspettando!»

© Alessandro Morbidelli, 2018

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