Navigare a vista [9] di Barbara Garlaschelli

© La mia mano fotografata da Massimo Dordoni

Mani e pensieri

Sarà che non riesco a usarle  bene come vorrei le mie mani, ma potrei restare ore a guardare quelle degli altri.
Come si muovono. Come si aprono. Come si chiudono. Come raccolgono gli oggetti. Come accarezzano. Come proteggono. Come colpiscono.
Il colore delle mani. Arrossate dal freddo. Bianche per la poca pressione sanguigna. Macchiate per la vecchiaia, o per la nicotina, o per la tempera. Nere per un’altra pelle.
La temperatura delle mani. Bollenti di passione. Gelide di paura.
Mani che sanno raccontare. Che costruiscono. Smontano. Sfogliano. Si nascondono.
Mani che sanno parlare, solo a saperle ascoltare.
Mani che sanno guardare, come gli occhi non possono.

Ricordo le mani di mio padre che sapeva fare ogni cosa – lavoravano il legno, il ferro, il vetro, disegnavano, smontavano, ricostruivano -, ma le ricordo soprattutto quando, stando alle mie spalle,  ne metteva una sotto il mio mento e mi chiamava: “La mia piccina”.
E quelle di Giampaolo che pure loro sanno fare tutto e che mi accarezzano con dolcezza, mi accudiscono, mi prooteggono, mi amano.
Quelle di mia madre, sempre indaffarate, spesso fredde, sempre curate che si muovono in moto perpetuo per tenere a bada, ordinare, coccolare.
Quelle di mia nonna, dalle dita nodose e con le unghie dure, perfette sempre con lo smalto che sapevano cucire, costruire, aggiustare.
Mani che hanno sempre lavorato, lavorato duro.
Mani che mi hanno insegnato e seguita. Sollevata, lavata, amata.
E le mie mani?
Quando guardo, così strane e immote ma divenute abili a creare, ad amare, a toccare e scivolare via, mi fa strano. A volte è come se non mi appartenessero.
Però, sono le mie.
E ho imparato ad amarle.

Perché è così che mi è successo – ma forse è accaduto a molti: ho imparato ad amarmi pezzo per pezzo, a recuperare il senso del mio corpo centimetro per centimetro. Per questo la strada è stata lunga (anche perché trattasi di corpo tutt’altro che esile…), e navigare a vista a volte è servito, lasciandosi andare sulla scia morbida delle curve e riconoscendole parte di me.

© Barbara Garlaschelli

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