Navigare a vista [11] di Barbara Garlaschelli

Io e Renzo

Mi manca mio padre.
Non ci sono parole che consolino, pensieri che ammorbidiscano il dolore, distrazioni che funzionino.
Mi manca e basta.
E allora aspetto.
Aspetto che il tempo me lo restituisca nella sua forza, nel suo umorismo, nella sua onestà intellettuale, nel suo impegno, nel suo amore per tanti, soprattutto per me. Aspetto che mi restituisca i ricordi felici e non questi impregnati di disperazione.
Il tempo non è un galantuomo. E’ un cannibale affamato.
Però ha una cosa di bello: spolpa il dolore fino alle ossa e ti restituisce tutto, anche i ricordi belli.
E io aspetto.

Queste parole le ho scritte poco tempo dopo la morte di mio padre, avvenuta l’8 ottobre 2008. Il tempo è trascorso ed è stato cannibale, come da copione. E come speravo mi ha restituito quasi tutto di Renzo, nei ricordi e nei sogni in cui lo trovo intatto, la malattia assente, la morte ancora lontana.
Una cosa, però, continua a mancarmi (una è un eufemismo, ovvio): la sua voce. La rincorro nelle strade della mia mente, la cerco nelle foto in cui c’è lui, come se potesse parlarmi ancora. La cerco nell’eco lontana dei suoi racconti. Ma non c’è.
La sua voce non c’è.

© Barbara Garlaschelli

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