Lettere da una sconosciuta [4] di Marcella Leonardi


Dr. Jekyll and Mr. Hyde (1931) di Rouben Mamoulian

Questa versione del classico di Stevenson, oltre ad essere un sogno sperimentale e atmosferico, è uno dei film più intensamente erotici della storia del cinema.
Miriam Hopkins, mai così bella, fa del suo corpo l’oggetto e il simbolo, lo strumento filmico da cui si irradiano sottotesti – la scollatura, la schiena nuda, il profilo del seno – e soprattutto quella gamba su cui il regista Mamoulian induce: penzolante dal letto, adornata da giarrettiera, dondolata avanti e indietro. E poi la fisicità dell’attrice, così minuta, bambina e vulnerabile; la Hopkins porta alla luce l’impulso nudo, la sua legge violenta, crudele e cieca. Nell’incarnare il personaggio della puttana Ivy (contrapposta alla virtuosa, dimenticabile Muriel) l’attrice macchia di desiderio le inquadrature e invade gli occhi e la memoria.
Il linguaggio cinematografico di Jekyll è senza limiti, fatto di soggettive, dissolvenze, montaggio rapido, stilizzazione, primissimi piani sugli occhi dei protagonisti. Il regista raddoppia lo spazio dello schermo con dissolvenze incrociate, profondità di campo e zoomate improvvise per intensificare le voglie, la colpa, la paura, la bestia e la preda; ci conduce nel ventre più nero degli impulsi sessuali per mezzo di dense nebbie e chiaroscuri. Uno dei più alti esempi formali degli anni 30, in cui lo stile è il perfetto emblema del desiderio ossessivo messo in scena.

© Marcella Leonardi

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