Le antipatiche [9] di Anna Martinenghi

anghelina

MASCHI DA BORSETTA

Sono il figlio di Angela Merkel – o meglio – avrei potuto.

“La Merkel” figli non ne ha: controllate pure su Wikipedia. Se ne avesse avuti, uno sarei stato io; invece sono rimasto nelle braghe del vescovo, come si suol dire, perché Anghelina ha da guidare la locomotiva d’Europa, bastonare gli stati birichini e portar fuori le penne dalla crisi economica.

Non gliene faccio una colpa; pensandoci bene, non credo sarebbe stato facile essere il figlio della donna più potente d’Europa, sballottato fra un impegno e l’altro, cresciuto da qualche tata Rottenmeier, in mezzo alle giacche colorate di mammà. Avrei fatto la fine del principe Carlo: una vita sotto la corona di Betty, aspettando che la vecchia schiatti.

Credo che farò domanda per venire al mondo un po’ più avanti, quando sarà (anche) un paese per vecchi, donne e bambini. Mi dicono che dovrò aspettare ancora. Al momento, le donne che hanno potere si comportano peggio degli uomini, i bambini vengono considerati solo se desiderano, consumano e comprano e dei vecchi nessuno sa cosa farsene. Non è aria.

Angela sono in molti a temerla. Con lei, non ce n’è per nessuno: mette in riga tutti. Per questo non mi dispiace che mi abbia lasciato nell’oblio ancora un po’. Credo l’abbia fatto per proteggermi, anche da se stessa. Prendete i figli di Margaret Thatcher: Mark e Carol, i gemelli. Si dice siano nati di parto cesareo mentre il padre assisteva a una partita di cricket e la madre era impegnata in un discorso alla nazione. Scherzi a parte, sono cresciuti sopportando il peso di un genitore ingombrante. Le malelingue chiamavano il maschio: “il dozzinale Mark”, insinuando intascasse fortune facendo affari col nome della madre. A Carol è toccata la sindrome da prima della classe: manie di perfezione nello sforzo di emulare la Lady di Ferro.

Meglio stare qui. Non voglio essere ricordato come il figlio di… o il marito di …, non ho la vocazione all’accoppiamento con una mantide religiosa e non voglio fare la fine di un “maschio da borsetta”. Sapete cosa intendo: quei fuchi riproduttori che si accompagnano a donne importanti Non sono diffusissimi, solo perché ci sono poche donne davvero importanti. La maggioranza delle grandi donne, stanno dietro a uomini medi, eminenze grigie che tirano i fili della marionetta, senza stare in prima fila. Le donne powerful, quelle che comandano gli stati, le navicelle spaziali, i consigli supremi e le stanze dei bottoni, quelle sono davvero poche.

Ci sono errori di battitura nei libretti d’istruzioni allegati agli esseri umani. Quello azzurro riporta: “una cosa per volta”, quello rosa: “fa tutto insieme”. Colpa di Google translator: i casini vengono da lì. Comunque io nascerò maschio, farò finta di non sapere nulla e cercherò di conservare qualche vantaggio sul genere femminile, evitando di finire nel girone dei maschi da borsetta.

È un meccanismo perverso: tali masculi a furia di rispondere , di far da zerbino a donne belle o potenti – perché la bellezza è potere -, a furia di lasciare scie di bava, finiscono per restringersi, per farsi piccoli piccoli.

Scompaiono dallo sguardo dell’amata, che, passato il picco di estrogeni e utilizzata a dovere la carta di credito, li ripone con comodo in borsa. E poi, come succede con le chiavi, non li trova più.

Le borse delle donne sono l’iperspazio: buchi neri con un campo gravitazionale così forte e intenso che nulla può sfuggire dal loro interno. Se ci caschi dentro e sei fortunato, farai ritorno solo molto tempo dopo, forse durante un cambio armadi. Le borse delle donne contengono di tutto: portafoglio, documenti, kit di sopravvivenza, un cambio “che non si sa mai”, libri, cibo, assorbenti, medicinali, generi alimentari, ventagli, scatolame, ago e filo, giocattoli per bambini, tecnologia assortita, appunti, l’assicurazione dell’auto da rinnovare, sassi e foglie secche, conchiglie e sabbia dell’ultima vacanza, campioni vuoti di profumo, mezze caramelle e chewing-gum già masticati. Una biro non c’è mai, perché l’hanno prestata a un altro esemplare femmina e é finita in un universo parallelo, insieme all’antimateria e all’ultimo segreto di Fatima.

Aprendo certe borse, si troverebbero altre forme di vita, oltre alla nostra, ma nessuno osa farlo e gli uomini da borsetta rimangono chiusi dentro a tempo indeterminato. Alcuni maschi sono accessoriati con presa USB. Credo significhi “uomo senza baiocchi” o senza altre cose con la b. Come ho già avuto modo di sostenere, non sono tipo da borsa: ho già avuto la mia dose di scarogna qui, nel limbo delle anime destinate a personaggi potenti. Potevo essere il figlio di Angela Merkel e invece niente. Niente crauti, niente Oktoberfest, niente mamma culona e potente.

Ora che succede? Come mai la mia lampadina si è accesa?

«È arrivato il tuo turno, anima 592.706.290.110.102.004. Ora di prepararsi…».

«Incredibile, Signor Selezionatore Universale. Alla fine Angela deve averci ripensato, dopo tutto questo tempo. Sono commosso, non sto ancora nella pelle!».

«…anima 592.706.290.110.102.004, sono state introdotte delle variazioni di programma, il suo libretto d’istruzioni è stato modificato».

«Certo, Signor Selezionatore Universale. È passato tanto tempo. Crede che sarò adottato? Angela ha una certa età, ormai».

«Anima 592.706.290.110.102.004 le confermo che verrà…adottato».

«E sarò maschio, vero? Non fate scherzi lassù, eravamo d’accordo…».

«Come da accordi, anima 592.706.290.110.102.004, lei nascerà maschio, destinato a genitori potenti. Il suo tempo sta per cominciare. Le auguro una piacevole incarnazione».

«Sono pronto. Ehi, ma sono già arrivato, che velocità! L’universo è davvero sorprendente. E guarda che palazzo. Accidenti, sono proprio destinato a un futuro importante. Noi potenti non nasciamo in ospedale, come i comuni mortali. Ma, perché ho questa peluria e queste zampette corte? Perché sono bianco, piccolo e soffice? E soprattutto, perché sono in una b-o-r-s-a con una doppia DU ricamata in oro? Oddio, sono un barboncino. Aiuto, Angela, salvami tu! ».

© Anna Martinenghi

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2 commenti

  1. Oddio… all’ultima frase sono morta dal ridere!
    Adoro “le antipatiche”! 🙂

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