Le antipatiche [40]

DENTI

«Denti» fu la prima cosa che dissero.
«Denti…» comunicò l’agente della volante accorsa sul posto.
«Denti?» chiesero increduli i paramedici.
«Denti» scrisse il medico di pronto soccorso sul referto.
«Denti! Denti! Denti!» raccontò il primo dei malcapitati in mille interviste: «Vi dico che quella cosa aveva i denti!».
«Denti da carnivoro di piccola taglia. Retrattili come gli artigli dei felini» si affrettò a precisare l’esperto interpellato in tivù.
«Piccoli saranno sembrati a lei, signor esperto. Finché non sei li trova chiusi a tagliola sui gioielli di famiglia» ribatté il malcapitato del momento.
«Le evirazioni riscontrate in queste fattispecie sono tutte ammissioni di colpa grave» sostennero gli avvocati, non senza imbarazzo. «Numerosi esperimenti hanno dimostrato che le zanne…ehm, i denti in questione, vengono sfoderati dall’apparato solo in caso di effrazione grave, di forzatura contro volontà. I soggetti in questione in nessun altro caso riescono volontariamente a sguainarli, se non per difesa contro violenza grave».
Fu così che accadde. Da un giorno all’altro. Senza preavviso.
La prima donna con i denti aveva solo diciassette anni, ma non sapeva nemmeno di averli.
I denti, non gli anni.
Chiamarono il suo fascicolo “Eva”.
La fantasia scarseggiava.
Venne nominato Darwin, l’evoluzionismo, il sesso debole, il sesso forte.
Il sesso.
E così come oscuri, terribili, indicibili erano stati secoli di stupri e abusi, altrettanto oscuri, terribili e indicibili si rivelarono i metodi con cui madre natura sembrava decisa a pareggiare i conti.
«Pare che la dentizione sia presente solo nelle nuove generazioni e non sia possibile la sua retroattività in soggetti più anziani» si lasciò scappare l’espertone di turno, quasi con sollievo.
Molte donne sorrisero.
Ma non si vide.

©Anna Martinenghi, 2018

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