Ispirazioni [4] di Alessandro Morbidelli

immagine di Kai Fine Art

Maurizio De Giovanni è uno degli autori più importanti nell’attuale panorama editoriale, padre del Commissario Ricciardi e dell’Ispettore Lojacono, personaggi indimenticabili del giallo nostrano. Gli ho chiesto una frase che ispirasse un mio racconto e lui mi ha risposto subito con queste parole:
L’amore e la fame spingono l’anima a diventare oscura: sono le pulsioni primarie che armano le mani, e portano il contagio del morbo di Caino.
Mentre scrivevo il racconto ho ascoltato le due canzoni di Gustavo Santaolalla “Deportation” e “Iguazu”. Ho perso il conto di quante volte.

E SI LASCIA CULLARE
racconto di A. Morbidelli

«Capisci quello che dico?»
Lei ne ha incontrati tanti come lui. Ormai ha imparato a capire da dove vengono. È una questione di accento. Questo, alto, pesante, braccia forti e capelli brizzolati, è italiano: il suo portoghese è spigoloso.
Pensa sempre a Ricardo mentre li osserva spogliarsi. Chiede alla memoria il sorriso del giovane e la sua mano sporca di terra, i capelli arruffati in testa e i denti bianchi. Nel ricordo, anche l’odore della manioca e quello dell’acqua bollente sul pollo. Lui che le dice dai, andiamo alla vasca di Ines, ci sono i pesci rossi dentro. Tutto questo la conforta, chiude gli occhi, rivive quel momento. Le immagini però svaniscono con l’odore e le mani di quest’altro. Mani morbide, uomo di carte, pensa lei, uomo che con la terra non si è mai sporcato.

«Vieni qua»
Sa che se rimanesse troppo ferma potrebbe passare dei guai. Se lo ricorda ogni volta che si guarda allo specchio e ritrova la cicatrice sotto l’occhio sinistro. Allora si muove, ma lui di più.
A tutto il dolore del mondo ha deciso da tempo di non concedere più spazio. Il sangue si asciugherà, i lividi sfumeranno, sempre più chiari, per poi perdersi nella pelle.
Pensa che lui potrebbe volerla per qualche giorno, portarla in albergo, fuori dalla vila, lontana dalla favela. Magari le comprerà un vestito azzurro al barrio e dirà al receptionista di essere suo zio, passandogli qualche real sotto banco per non avere problemi. E lei potrebbe avere di nuovo l’occasione di osservare Parada de Lucas da lontano, magari dall’alto. Trovarla pure bella, quella distesa di lamiera e polvere. Con un po’ di fortuna potrebbe addirittura portar via un asciugamano e una saponetta per le sorelle, alla fine di tutto.

«Come sei bella, piccola mia…»
Gli affondi, però, adesso le fanno troppo male. Lui sta spingendo con tutta la forza che ha. Lei ha paura di lamentarsi perché a qualcuno il dolore piace e non si ferma, si trasforma.
Eppure non riesce a trattenere un rantolo, glielo spinge fuori il bruciore che viene da dentro. Apre la bocca e un filo di voce le trema fuori come un rametto spezzato dal vento. In quel preciso momento, dal colletto slabbrato della canottiera dell’uomo, scivola giù una catenina d’oro, con tanto di crocifisso. Il Cristo le sbatte sui denti.
L’uomo si ferma. Ricaccia dentro il tesoro. Viene. Dice qualcosa nella lingua degli animali. Lei vorrebbe tornare a Ricardo, ma non ci riesce. Quello che doveva vedere, l’ha visto.

«Quando sarai grande, gli uomini faranno la fila per corteggiarti…»
Sono sempre lenti a rivestirsi. Questo poi è goffo. La catenina gli esce di continuo dal collo troppo largo. Fa fatica a mettersi le scarpe, così si china e infila un dito. Gli spiccioli li ha già appoggiati sul bidone rovesciato, lì vicino.
Lei sa per quanto tempo potrebbero mangiarci tutte, lei e le sue sorelle, con quel tesoro. Così scatta con i piedini nudi sul pavimento e prende la pietra aguzza che Raquel le ha detto di tenere sempre a portata di mano. Un colpo secco, preciso, e il tempo si ferma. Nessun rumore, solo il tonfo sottile delle gocce che cadono accanto alla scarpa indossata a metà. L’uomo non si muove, accasciato sulla sedia. Lei gli sgancia la catenina. È pesante. Osserva il volto sofferente di Gesù. Non ha mai tenuto in mano qualcosa di tanto prezioso.

«Puttana maledetta!»
Il pungo le arriva tra il mento e lo zigomo. Finisce all’indietro, la nuca batte contro il muro. Poi sente una presa soffocante al collo. Mentre i colpi le arrivano sulla parte sinistra del volto, mentre si chiede quante volte possano ricrescere i denti ai bambini, stringe la catenina e non la lascia. Le pare di sentire la voce di Ricardo, chiamarla da lontano. Ma lei ha sonno, non riesce a rispondere.
Poi tutto si ferma. Con l’unico occhio aperto che le rimane, vede l’uomo sopra di lei portarsi le mani alla gola, mentre il cotone slabbrato della canottiera si tinge di rosso. Infine arriva il buio.

«Ci vorrà un po’ più tempo, stavolta, ma tornerai a essere bellissima…»
Riesce ad aprire un occhio soltanto, ma li vede lo stesso, i due pesci rossi che nuotano sotto la patina verdognola. Una mano piccola, ma ruvida, di quelle che sanno sporcarsi di terra, tira su un po’ d’acqua e gliela lascia cadere sul volto. È fredda.
Ricardo sorride. Ha i denti bianchi e la maglietta sporca di sangue. Le tiene la testa al petto come un innamorato.
«Questa è tua…» le dice mettendole la catenina d’oro in mano.
«È nostra…» le risponde lei. E si lascia cullare.

© Alessandro Morbidelli, 2015

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