Intervista a Caterina Zacchetti

Le donne di Caterina Zacchetti sono morbide e sinuose, si mostrano con candida malizia e sorridono, orgogliose della loro fisicità a tratti arcaica: fianchi matriarcali e gambe forti e possenti di chi percorre il mondo a lunghi passi privi di paura.
Sono fatte di terracotta oppure disegnate in filo di rame, spesso accompagnate da gatti sornioni, mongolfiere e cuori in volo.
Una poetica delicata e gentile per un’artista milanese appena quarantenne che si muove fra la scultura in argilla, la ceramica, i disegni, le lastre e la ceramica Raku.
Le donne sono le figure ricorrenti e forti del tuo lavoro artistico. A quale mondo appartengono le tue donne? Come ti piace immaginarle? 

Le mie donne sono forti ed orgogliose. Alle altre donne dicono di amarsi, piacersi, volersi bene. Di aver fiducia in se stesse e nelle proprie capacità, di non farsi abbattere dagli stereotipi, dai giudizi.

Sono donne felici e soddisfatte, realizzate. Sono donne amiche tra di loro, divertite dalla vita, serene, sensuali.

Le donne che rappresenti sono in bilico fra antico e moderno: labbra carnose e vite sottili, fianchi larghi e gambe imperiose che rimandano alle veneri arcaiche. Perché? 

Le mie opere partono da un disegno e i miei disegni son fatti di linee curve, morbide, voluttuose, senza spigoli e linee rette. Come nel feng shui in cui non ci devono essere angoli che feriscano.Quando i disegni diventano scultura, quelle linee diventano masse che devono riempirmi le mani, sono molto attenta alla linea di contorno del corpo di una scultura, concava, convessa, sinuosa, deve essere perfetta, o perlomeno, perfetta secondo la mia idea visiva e tattile di perfezione. Mi piace sentirmi le mani piene di quelle forme, mentre modello. Mi piace l’armonia che si crea nella contrapposizione tra busti esili e gambe forti, comunque armonici e legati da una continuità’ tra le linee.

Quindi è l’armonia visiva quella che cerco di raggiungere modellando i corpi delle mie sculture, quel giusto contrapporsi di pieni e vuoti che alla fine mi appaga i sensi.
Non nego che mi faccia piacere che le mie sculture possano ricordare le veneri steatopigie del paleolitico. Mi fa sempre molto piacere anche quando una donna, guardando le mie creazioni, si ritrova in quelle forme, abbondanti ma sensuali, e ne è felicemente sorpresa, ne è contenta, “ma questa sono io!” , mi dicono in tante. E a me sembra, alle volte, che le mie sculture aiutino le donne ad accettarsi un po’ di più, come se fossero uno specchio in cui finalmente si vedono così come veramente sono, belle, dimenticando i filtri che ci impongono, per cui per esser belle dobbiamo essere sempre e solo giovani toniche e snelle.

Perché sono spesso accompagnate da gatti, mongolfiere e cuori in libertà? 

I gatti, le gabbiette e i cuori in volo sono simboli diversi per esprimere lo stesso concetto, un rincorrere, conquistare, perdere e di nuovo continuare a cercare la libertà e l’amore.

I gatti li amo da sempre, amici discreti, compagni di vita, liberi per eccellenza. Le gabbiette perché talvolta ci si rinchiude, a volte volontariamente, a volte no, e invece l’amore per poter volare deve essere libero, per questo le mie gabbiette fluttuano nell’aria ed hanno sbarre larghe, da cui il cuore può sempre entrare ed uscire, non ne è prigioniero.


I cuori con le ali rappresentano quella felicità così grande che si prova quando si è innamorati, quando ci si sente leggeri e al contempo pieni, e ci sembra di volare. Non capita spesso però, val quindi la pena celebrarlo!

Caterina Zacchetti nasce a Milano nel 1979, diplomata al Liceo artistico U.Boccioni a Milano, si laurea all’Accademia di Belle Arti di Brera, indirizzo Scultura e consegue una borsa di studio presso l’Academia de Bellas Artes Miguel Hernandez, ad Altea, Spagna.
Si trasferisce a Formentera, poi a Barcellona, ora nuovamente a Milano. Frequenta i corsi di Ceramica e Ceramica Raku c/o Fondazione Cova, Milano.
https://www.instagram.com/caterinazacchetti
http://www.caterinazacchetti.com/

 

© Viviana Gabrini, 2019

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