Fantasmi [4] di Uduvicio Atanagi

illustrazione di R. Rutigliano
illustrazione di R. Rutigliano

L’OCCHIO

C’è un occhio in camera mia.
L’occhio mi osserva sempre, è apparso quando sono tornato da lavoro o forse stava già crescendo prima perché era tanto che non aprivo l’armadio perché nell’armadio c’erano le cose di mia moglie. È tanto anche che mia moglie non mi parla, è tanto che non la vedo, è tanto anche che mi manca, non ci siamo mai separati perché non stava bene però io ora vivo nel mio appartamento e lei vive non so bene dove e con chi e l’altro giorno che poi era tipo un mese fa mi hanno chiamato e mi hanno detto che mi sto divorziando quindi forse ha trovato qualcuno, quindi forse si sta per sposare o qualcosa del genere, quindi forse sono passati più di dieci anni, a volte mi manca, a volte mi sento solissimo, a volte mi sento mancare l’aria e morire.
L’occhio è enorme, quando l’ho visto la prima volta mi è sembrato terrorizzato o arrabbiato, l’occhio vede anche dentro, l’occhio sa tutto di me.
Delle volte l’occhio sembra felice, delle volte malinconico, triste. Delle volte si muove veloce e mi fa paura, come un insetto. La notte sento il suono dell’occhio che si muove sotto le palpebre, fa un suono tipo tzzzz tzzzz, un suono tipo le ali di un coleottero o di una mosca quando sbatte contro al vetro, una cosa che stride. Delle volte diventa secco e si arrossa, allora il rumore diventa più forte. Per non farlo arrossare ho comprato del collirio, tantissimo collirio, litri di collirio che in farmacia pensavano che fossi un tossico, l’occhio sta bene quando gli do il collirio, sembra provare una specie di piacere, sembra che si ecciti di un prurito che sta sull’orlo tra dolore e piacere, tipo quelle sensazioni che ti salgono per la lingua, però l’occhio non ha la lingua quindi non so dove le senta, dove quel prurito finisca.
Delle volte, la notte, mi sembra l’occhio di una donna, delle volte di un uomo, di un cane, di un Dio. Delle volte mi sembra il mio. Quando lo strofino l’occhio si ribalta quasi, guarda in alto o si guarda dentro, socchiude le palpebre, trema.
A lavoro c’è una collega che una volta ho pensato di amare, poi mi sono accorto che mi ero sbagliato, delle volte mi sembra di amare tutto il mondo, delle volte vorrei scomparire, non mi ricordo quanti anni ho, forse ne ho cinquanta o sessanta, mi sembra di perdere tutto, forse sto perdendo anche la memoria, gli anni, a volte mi chiedo se qualcuno possa mai più rendermi felice, forse sogno, forse tutto l’amore mi è caduto a terra, delle volte lo pesto, rimane sotto le scarpe, ci inciampo.
Una delle parti più belle da pulire dell’occhio sono le ciglia, le lucido e le strofino, le accarezzo e le divido quando si intrecciano, devo stare attento che non entrino dentro, che non si rompano, quando si rompono e cadono dentro allora l’occhio si infiamma tantissimo, inizia a produrre una specie di muco, la palpebra si chiude quasi, sembra malato. Delle volte parlo ore ed ore con l’occhio, l’occhio mi guarda, mi ascolta, forse mi legge le labbra, forse ha delle specie di orecchie da qualche parte, mi chiedo dove finisca, mi chiedo dove la carne si mischi al cemento, se forse l’occhio ha riempito tutti i muri con le sue venature, con i suoi condotti, se forse l’occhio ha riempito tutto il mondo.
Quando l’occhio lacrima non capisco se piange o se perde liquidi, come quando è incrostato, all’inizio lo volevo bucare e adesso passo serate intere a pulirlo, quando piange o quello che fa trovo tutta la stanza allagata, acqua salata che ha l’odore del mare e di certe piante che d’estate fanno un odore che sembra quello dell’acqua del mare, l’odore dell’occhio mi ricorda qualcosa di quando ero bambino, uno stagno pieno di rane, la sensazione della pelle delle rane viscida e ruvida sotto le dita d’estate.
Oggi l’occhio sembra strano, ieri gli ho urlato, ho pensato a come ho perso mia moglie, ho pensato che non mi ricordo più il volto di mia moglie, l’ho persa per sbaglio, è andata via mentre urlavo, non volevo urlare, mi chiedo se sto perdendo anche l’occhio.
Lo sguardo dell’occhio è diventato triste di colpo, o come se si fosse spento, l’ho fissato tutto il giorno, mi sembra che si sia rinsecchito, lo accarezzo, gli parlo, le palpebre sono mezze chiuse, adesso si chiude e poi si riapre, sembra debolissimo, si chiude.
Provo a riaprirlo, non trovo la pupilla, si è ribaltata, perché ho urlato? Faccio sempre le cose sbagliate, le cose sbagliate fanno me. Rimango a fissare l’occhio, sta venendo notte, accarezzo la palpebra, è ruvida e calda, penso che non voglio che mi abbandoni, continuo a fissarlo e a strofinarlo, la stanza è diventata buissima, senza il rumore dell’occhio rimane solo il silenzio, un’auto passa fuori, la sento, i fari passano dalle persiane come fasci di luce, mi illuminano le dita di giallo e di bianco, disegnano rettangoli sopra l’occhio chiuso, le ciglia scintillano di bianco e di nero e di giallo.

©Uduvicio Atanagi, 2016

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *