Doctorwriter [2] di MariaGiovanna Luini

© La cura della scrittura, di Stefania Morgante
© La cura della scrittura, di Stefania Morgante

Le mani e la magia. Storia di una chirurga irrazionale.

Credo di non avere mai raccontato gli eventi e i pensieri che hanno spinto una chirurga empatica e razionale ad accorgersi che il mondo è più vasto ed esistono misteri implicati nella salute della gente. Da alcuni anni infilo nella mia scrittura, nei racconti e nei discorsi più vari, la cosiddetta Medicina Olistica e mi lancio in dissertazioni sulle terapie energetiche, e solo questa sera – di fronte alla pagina bianca del post che dedico a Sdiario – mi accorgo di avere saltato alcuni passaggi fondamentali.

Tutto nasce dai miei pazienti, le persone che da più di venti anni seguo in un istituto oncologico a Milano: sono stata prima radioterapista poi sono diventata chirurgo, ma sempre mi ha seguito una frase che si ripeteva quasi ogni giorno. “Dottoressa, nelle sue mani c’è qualcosa che mi fa stare bene”.

Ora, chi vive immerso nella realtà degli ospedali sa che “le mani che curano” esistono e nella maggioranza dei casi ci si scherza su. Si minimizza. Si dice che le mani con questo genere di talento “portano fortuna” (per la verità non si usa la parola fortuna, si allude a una parte anatomica sotto la schiena) e non ci si sofferma su contenuti che potrebbero inficiare l’immagine degli illustri specialisti che vogliamo essere. Ugualmente sappiamo che esistono i cosiddetti “miracoli” cioè guarigioni o sopravvivenze inspiegabili con i criteri di valutazione stabiliti dalla medicina moderna. E’ lecito comportarsi così: chiunque abbia un minimo di capacità di osservazione si accorge che nella società di oggi basta alludere a un metodo di cura diverso dai precedenti perché la gente imposti una pericolosissima equazione, che dice che la nuova cura implica che le altre siano da buttare via.

Figuriamoci cosa accadrebbe se un manipolo di medici facinorosi (quanto mi piace questa parola) dichiarasse che in effetti sì, le mani di alcuni sono in grado di ottenere risultati visibili. Quali? Beh, alcune tolgono il dolore fisico, altre abbreviano il decorso della guarigione di una ferita chirurgica o risolvono subito un sanguinamento, altre ancora sono coinvolte in misteriosi episodi di guarigione spontanea di disturbi e malattie (di solito fanno tutte queste belle cose insieme, in modo variabile). Accadrebbe ciò che non deve: un gruppo più o meno ampio di persone rifiuterebbe terapie preziose tentando di farsi curare solo con l’imposizione delle mani. E’ l’effetto letale della medicina alternativa, che dovrebbe essere invece medicina integrata: togliere e separare è un errore, mettere insieme è segno di civiltà.

Per anni ho ignorato la frase ripetitiva e inquietante dei miei pazienti, ritenendo che la mia figura rassicurante, morbida nelle forme e nei toni giustificasse l’effetto pacificatore sull’animo dei pazienti insieme al calore “normale” dei miei palmi garantito da una circolazione sanguigna efficace e vispa. Finché la mia amica Lorenza Caravelli, estenuata dall’ignoranza di un medico che si permetteva di essere scrittore ma non apriva il cervello all’ignoto, esclamò la frase fatidica: “Ma non dirmi che non sai cosa sia il Reiki! E la pranoterapia! Se i pazienti ti dicono queste cose è perché qualcosa nelle tue mani deve esistere”.

Santa donna, la Lorenza Caravelli. Arriva ogni volta che mi areno in un fondale sabbioso e non so uscirne. Iniziai a leggere qualcosa sul Reiki, e da lì la storia non si è più fermata. Sono diventata Grand Master per molte tecniche Reiki, ho seguito i corsi di the Reconnection, ho studiato Pranic Healing e – soprattutto – ho aperto la mente al mistero. Non ho ancora finito: scopro tecniche di trattamento, le metto alla prova e modifico la mia tecnica personale in base all’istinto perché credo che non ci sia terapeuta migliore di chi usa il cuore e non solo i libri accumulati nel cervello.

Credo vi sia facile immaginare quali segrete risate si siano fatti tanti colleghi: per quindici anni ho lavorato fianco a fianco con Umberto Veronesi, la mia scrivania era accanto alla sua ed ero il suo assistente medico, come avrebbe appreso la notizia della mia conversione a fattucchiera il Grande Professore? La realtà è che non serve leggere un suo vecchio ma attualissimo libro dal titolo intrigante Una carezza per guarire per intuire che anche le mani di Veronesi “portino culo”, e lo stesso accada per le mani di alcuni miei colleghi (marito compreso). E’ solo che con loro si deve fare finta di dare credito alla teoria della fortuna. Il punto è che ognuno di noi ha un campo energetico ed è possibile interagire in modo positivo per aiutare una persona a risanare il proprio corpo. Ma il punto ancora più importante per questo post è che si può essere medico e credere che esista, dentro la dose enorme del mistero, uno spazio per la cura degli altri sulla base dell’Amore e del tocco delle mani.

Continuo a essere senologa e non mi sogno di rinnegare la medicina che ho visto salvare innumerevoli vite, ma con lo studio e gli anni e l’esperienza sono arrivata a usare anche le tecniche di “imposizione delle mani” quando mi sono richieste. Sedute di terapia energetica cioè di interazione energetica con i pazienti sono momenti meravigliosi che – nella peggiore delle ipotesi – donano relax e sollievo ma, a essere sincera, questa peggiore delle ipotesi non si verifica mai perché un risultato, molto concreto, salta sempre fuori. Ecco perché la gente si informa e chiede se non sia possibile integrare la medicina con le cure dolci che aiutano il benessere.

Sono chirurga senologa e medico olistico, e mi sento bene. Agli scettici posso solo dire che amare i pazienti significa vederli nella loro completa perfezione, e se avvicinare le mani al corpo di chi soffre significa donare anche solo un istante di sollievo e benessere non mi pongo il problema di risultare naif.

©MariaGiovanna Luini, 2015

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