Cani e padroni di cani [3] di Sandra Giammarruto

© Sandra Giammarruto

È sabato pomeriggio. Fuori fa caldo, ma non troppo. Lucia attraversa paesi legati gli uni agli altri. Costeggia distese di ulivi secolari, di papaveri danzanti, di spighe dorate che puntano verso il cielo.
Non ricorda più il nome degli appezzamenti separati dai muretti a secco, né della masseria fortificata diventata ristorante.
Quella è la strada del suo passato. Andando sempre dritti, si finisce al mare. Non la percorre da anni, da quando è andata fuori a studiare.
-Vai sempre dritta. Trenta metri prima della rotonda, giri a destra.
Così le ha detto la madre, prima di uscire.
-Ti accompagno?
-No. Finisci di sistemare le camere da letto. Più tardi, scegliamo le lenzuola.
Lucia tamburella le mani sul volante. Ripassa a mente le cose che rimangono da fare.
I genitori del fidanzato arriveranno il pomeriggio dopo, in stazione.
Sa che tutto sta per cambiare. Crescere, studiare, sposarsi, andare via. Fa parte delle cose della vita.
Vede la rotonda. Rallenta a ridosso di una vecchia insegna. Svolta a destra. China la testa in avanti. Guarda il pollo con le ali arrugginite e la catena di minilucciole colorate.
Parcheggia l’auto tra un ulivo e dei sacchi di mangime. Rimane lì, con le mani sul volante. Fissa il posto. Intorno: capannoni, strutture in cemento, fieno, gabbie accatastate, un camion bianco. Suona il clacson. Non si vede nessuno. Scende dall’auto. Con le mani si stira le pieghe dell’abito di lino.
Avanza di pochi passi. L’odore penetrante dello sterco di animali si fa più denso.
Finalmente, la porta di un capannone si apre. Un uomo, con indosso una salopette e una maglietta blu, le fa cenno di avvicinarsi.
-Buonasera. Avrei bisogno di una gallina.
-Prego. Arrivo subito.- Risponde l’uomo, mentre le tiene aperta la porta.
Lucia esclama buonasera un’altra volta. Le persone nel capannone ricambiano. Poi, le donne riprendono a chiacchierare. I ragazzi ridono scomposti. Gli anziani bisbigliano. Un bambino raccoglie piume da terra.
Il locale è illuminato al neon. Ha finestre piccole. Scaffali ricolmi di giravite, stracci, bulloni. Sullo sfondo, macchinari spenti e un lavandino.
Lucia osserva i pennuti nella gabbia. Le galline ruotano la testa e la muovono a scatti. Hanno occhi vivaci, neri. Zampe gialle. Petto pieno, color camoscio più o meno scuro.
La porta si apre. L’uomo in salopette blu è tornato.
-Bella la sagra che avete fatto in paese. La frutta era matura al punto giusto.- Osserva un anziano.
-Non l’ho vista. Domenica ero in gita con mia moglie.- Risponde l’uomo in salopette mentre tira fuori dalla gabbia una gallina.
-Dove siete stati?- Chiede una signora.
-A Nizzoro.- Risponde l’uomo. Poi, si gira di spalle.
Lucia inclina la testa. Lo osserva. Esamina i movimenti. Di alcuni, ha solo modo di percepirne la destrezza.
-Il paese che fanno vedere sempre in televisione?- Chiede la signora.
-Proprio lì, dove hanno ammazzato quel giovane.- Risponde.
Questa volta l’uomo si gira verso tutti. Racconta, mentre, con le mani immerge le galline in una vasca piena d’acqua.
-Povera famiglia! Che cosa avete visto?- Incalza la signora.
-Prima, la casa della zia. Poi, quella dei genitori. Alla fine, quella dell’assassino. Tutto da fuori. Non si poteva entrare.
-Anche il pozzo?- Domanda l’altra donna mordicchiandosi il labbro inferiore.
-Sì, e credetemi, sembrava un posto di fantasmi.
L’uomo lascia cadere i pennuti in un contenitore di metallo. Una specie di centrifuga. Lucia mantiene lo sguardo interessato. Là dentro, le galline ruotano di continuo. In pochi secondi, le piume si staccano dall’animale.
-C’era la televisione?- Domanda un ragazzo.
-Ho visto delle telecamere in giro, ma non so… – Risponde, mentre afferra per le zampe le galline nude.
-E gente, quanta ce n’era?
-Molta, molta. Centinaia! Grandi e bambini.- L’uomo racconta e, intanto, infila le galline nelle buste. Una dopo l’altra. L’ultima è per Lucia.
Si inumidisce le labbra. -Tre euro.- Dice.
Lucia paga. Ringrazia. Una stretta di mano, uno scambio di sorrisi, un buona sera a tutti e via.
Guida e pensa al brodo da preparare, ai pezzi di carne da disossare. Alle zie pronte a darle una mano. Ai fiori da ritirare. Al centro tavola da stirare. Ho tutta la sera, pensa. Quando, alla sua destra, irrompe silenzioso, un tramonto. Immenso. Inaspettato. Violento. Lucia ferma l’auto. Quello che vede non potrà portarselo via.
Accarezza il muro di pietra e ferro. Riconosce i ritmi del lavoro del contadino a pochi metri da lei. Gli stessi di suo padre e di suo nonno. Qualcosa in lei sta lottando per affiorare.
I ricordi si muovono veloci. In un vortice. In una vecchia danza.
Mette in moto. Riparte. Inghiottisce le lacrime sfuggite al dorso della mano, mentre il sole si spegne alle sue spalle.

©
Sandra Giammarruto

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