Broken di Ygor Varieschi

All’inizio non parlavi mai.

Eri arrivata in un giorno che stava diventando sera, nell’ora che i francesi chiamano ‘tra il cane e il lupo’. Sembravi un pulcino bagnato, benché tu avessi già passato l’età in cui si è usciti dal guscio, però i tuoi occhi ardevano, sotto la pioggia e gli abiti inzuppati. Ho sempre avuto timore del fuoco, ma quello che vedevo in te non mi spaventava: tra tutte le mura che avevi eretto per proteggerti, si sentiva una sola parola. Un imperativo, una supplica.

Aiutami.

Ci voleva del tempo. Si dice sempre così, no? Per qualsiasi cosa ci vuole del tempo. Che poi il tempo è come Dio, lo nomini e non sai nemmeno la forma che ha; quella che gli abbiamo cucito addosso – fatta dai minuti, i secondi, le ore e tutto il resto – è un’invenzione umana. Dobbiamo dare un vestito a ciò che non si può vedere, dargli un volto e una voce. E quel tempo invisibile ha lenito qualcuna delle ferite che non mi hai mai mostrato, che mi hai lasciato indovinare.

Sei rimasta a dormire nella mansarda di casa mia, e quando ti sono passati i dolori alle ossa e i lividi hai preteso di lavorare alla mia fattoria, pur di sdebitarti un po’ con me. E del tempo che saresti rimasta, non ne abbiamo mai discusso. Nessuno ti avrebbe cercato qui, in mezzo alle montagne, e quei pochi che ti vedevano pensavano che fossi la perpetua di un vecchio prete. Qui eri tranquilla. Avevi riformato il tuo guscio, lo avevi rinforzato per bene, e potevi restarci dentro quanto volevi.

La tua storia non me l’hai mai raccontata. Ma una sera, quando feci ritorno dal villaggio, ti trovai in piedi accanto al tavolo in cucina. C’era un caffè caldo pronto, per me. E un disegno che avevi fatto, in quella mansarda dove non entravo mai.

Un fiore, visto dall’alto. Stretto a un muro, o una parete, mentre sembrava arrampicarsi per sfuggire a qualcosa, una specie di pozzo nero circolare. A me sembrò che sfuggisse da una tazza piena di caffè come quella che mi aspettava sul tavolo, ma poi compresi che c’era dell’altro.

«Merci» mi dicesti, con una di quelle parole che ti avevo insegnato.

Saresti rimasta fino alla mia morte, mentre i campi attorno alla nostra casa si riempivano di fiori simili a quello che eri tu. Ma noi non lo sapevamo.


Letto da Ygor Varieschi

©Ygor Varieschi, 2019

©Immagine di Sandra Giammarruto

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