Ascoltami [2] di Doriano Zurlo

© Ascoltami, di Stefania Morgante
© Ascoltami, di Stefania Morgante

RAINY JUNE, III

Rainy June, III è la coda di un altro brano che si chiama Rainy June, I. Naturalmente in mezzo c’è anche Rainy June, II e ancora mi sto chiedendo perché ho fatto una cosa del genere.
Un ego infantile e ipertrofico, probabilmente.
Vado a spiegarmi.
I grandi musicisti classici del passato erano soliti comporre le cosiddette sonate, per vari strumenti o anche per pianoforte solo, che si chiamavano così per distinguerle dalle cantate, dove lo strumento solista era la voce.
La struttura delle sonate era perlopiù divisa in tre movimenti, un allegro (cioè un po’ veloce, non necessariamente un brano spensierato), un andante largo (cioè una roba molto più lenta), e un finale, di solito di nuovo veloce.
Non tanto umilmente ho ripercorso questa struttura, forse vagheggiando che grazie a essa avrei trovato il posto che mi compete nella storia della musica!
Ma poi ho letto che Allevi è convinto di essere il nuovo Mozart, dunque io non lo sono di certo. Pare che il suddetto pianista sia anche convinto che Beethoven non avesse un sufficiente senso del ritmo, se paragonato, ad esempio, a Jovanotti.
La cosa mi ha lasciato perplesso e dubitabondo.
Però i brani ormai c’erano.
Abbastanza umilmente, ho fatto durare tutti e tre i movimenti meno di due minuti, che mica son capace di scrivere robe pazzesche di cinque minuti come facevano quelli là!
Sicuro: potevo non dargli questi titoli pretenziosi e seriosi, in inglese, e con i numeri romani, I e II e III!
Ma quel giugno pioveva, pioveva, pioveva, pioveva…
Stefano Ligoratti ha suonato il mio spartito, nel modo eccellente che gli è proprio.
Riccardo Torri, art director e regista, aveva delle immagini da lui girate a New York, in notturna.
Mi ha detto: “Ti spiace se provo a montare delle robe che ho su una tua musichina?”.

Ed ecco il video.

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Ps: sto leggendo “Il mio cuore messo a nudo” di Charles Baudelaire.

© Doriano Zurlo

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