R. ha dormito 3h e 55” minuti la notte scorsa, interrotte da continui risvegli:
– 43 minuti di sonno profondo che non le basteranno per tutta la giornata,
– 2h e 42 minuti di sonno leggero in cui si è girata e rigirata nel letto tirandosi dietro le coperte,
– 30 minuti di sonno REM di cui ricorda solo frammenti di bisce e cucchiai di sabbia da mandar giù.

Per il resto è rimasta a fissare nel buio le travi del soffitto fino alla sveglia del cellulare, mentre il cuore le batteva 74 volte al minuto, consumando mediamente 43 chilocalorie all’ora. Tanto non ha fatto colazione questa mattina.

Ha usato il cellulare per mandare una email. Non ha risposto ai messaggi di Whatsapp e non ha guardato Iperiod che le avrebbe ricordato che oggi è il suo 17° giorno del ciclo mestruale e che con una temperatura basale di 36,48°, piena di estradiolo e ormone LH com’è, ha una probabilità molto elevata di ovulare. Poco male: R. non ha nessuna intenzione di riprodursi oggi.

Percorre i 2.586 passi che separano casa sua dalla stazione in meno di venti minuti: un chilometro e settecentotrenta metri scarsi di buon passo, spendendoci 109 battiti ogni sessanta secondi, col 65% di grassi bruciati. La temperatura è di 3°centigradi, percepiti 8 e le previsioni danno alta pressione e tempo sereno per le prossime ore.

Ha preso al volo il regionale 2024 delle 07.46 stipato da studenti e lavoratori. Il controllore ha dato un’occhiata molle al codice del suo biglietto nel cellulare. Lei è rimasta in piedi, faccia nella sciarpa e auricolari nelle orecchie sulla playlist di Spotify che di solito usa quando va a correre.

Il resto del tragitto in metro, come ogni mattina negli ultimi diciotto mesi: cinque fermate, duecento metri a piedi e quattro piani di scale che ha fatto, come sempre, senza ascensore. Le pulsazioni sono salite a 134. R. sente il cuore in gola, respira affannosamente.

Arriva all’appuntamento con sette minuti di anticipo. Sandra alla reception è al telefono, le fa un cenno con la mano. R. si siede nel corridoio che conosce così bene. Aspetta. Sblocca il cellulare silenzioso, fiorito di notifiche e scorre le immagini di Instagram senza guardarle veramente. Sandra riceve altre tre chiamate di fila, le passa agli interni. Risponde in italiano, inglese e spagnolo. È brava. Alla fine mette tutto in attesa, nel centralino Ballade pour Adeline di Richard Clayderman mandata a sfinimento e la voce che ripete di restare in linea per non perdere la priorità acquisita.

Sandra si alza e va verso R. Si abbracciano.
Sandra dice: «Non c’è. S’è inventato una riunione a Lugano». Poi lo chiama bastardo.
«Non dovevi venire tu, dovevi mandare l’avvocato.»
«Lui ne ha di migliori», risponde R. «mi spazzeranno via.»
«Le ragazze testimonieranno» replica Sandra.
«No, le ragazze hanno bisogno di lavorare, staranno zitte e le capisco. Sono passata solo per guardarlo negli occhi e dirgli che l’ho denunciato»
«Sono passata perché sono più forte dei suoi ricatti» pensa, ma non lo dice.
Poi ringrazia Sandra e l’abbraccia ancora. Le dà il nuovo numero di cellulare.
Ha dovuto cambiarlo. Deve cambiare tutto: numero, lavoro, vita.
Che non era più lavoro. Che non era più vita.
Dice che il licenziamento l’ha fatto on-line sul sito dell’Inps.
Il resto invece è difficilissimo.
Per il resto non esiste nessuna App.


(La voce che racconta è di Roberta Taino)
 
©Anna Martinenghi, 2019

Condividi: