Andata e ritorno di Francesca Rossetti

Andata e ritorno

Pessimo lancio. Così il foglio ripiegato più volte su se stesso non atterra come speravo sopra il banco della compagna, ma ruzzola poco distante dai suoi piedi. Tossisco. Perché il rumore impercettibile della carta che tocca terra può ampliarsi in un rimbombo se nell’aula regna il silenzio ed è in atto un compito in classe. Tossisco per attutire e mascherare un possibile trambusto ma anche per richiamare l’attenzione di Perla che già mi guarda e mi strizza quell’occhio verde giungla che le invidio dal primo giorno di scuola. Lei non commette pasticci, non col suo sangue freddo che scorre quando le circostanze lo richiedono, non con la sua astuzia che spesso si nota nel brillio di certi suoi sguardi. Ripara subito alla mia inefficienza nascondendo il pezzo di carta sotto la suola della scarpa. Tiro un sospiro di sollievo. Me la caverò con un sei meno. E mentre lo penso lei avrà raccolto da terra il bugiardino delle mie lacune, ne avrà diagnosticato il contenuto, e lo avrà rimpinzato di prescrizioni azzeccate. Come un boomerang, aspetto che quell’oggetto mi ritorni indietro prima dell’ansia. Però fa prima lei. Pallida come un cencio malconcio inizio ad accusare i sintomi della paranoia. Ho il sospetto che la prof voglia alzarsi dalla sedia per sgranchirsi le gambe e distogliere lo sguardo dal libro per orientarlo verso di noi. Prima però sentirà l’esigenza di destinarlo al mondo di sterpaglie e insetti che incombe aldilà della recinzione sgangherata, oltre la finestra. Per farlo sceglierà quella lisca di spazio tra il mio banco e la finestra. Di sicuro il percorso a ritroso del materiale che ora tutela la mia sufficienza s’imbatterà nelle sue grinfie. Eppure basta un istante perché tutto cambi. Mentre l’insegnante continua a perdere lo sguardo sulle pagine del libro, io sento qualcosa nei capelli. Ringrazio per la prima volta di non averli corti o lunghi e lisci. I miei ricci intrappolano e trattengono l’oggetto del mio buon esito. Questa volta, sicura di essermi appropriata del sangue freddo di Perla, afferro con decisione il foglietto che sento scendermi sulle punte per portarmelo ancora nascosto davanti agli occhi. Piano, apro la mano.

Stridore di sedia che si sposta all’indietro mio gridare grida sparpagliate stridore di altre sedie tremolare di banchi corpi come molecole allo stato gassoso capitombolo di un arto con conseguente ferita al gomito sbigottimento.

Delle duecentosessantaquattro specie di ortotteri, o grasshoppers o saltamontes o sauterelles, o comunque vogliate chiamarle, quella che mi è finita tra i capelli credo appartenesse a quelle affusolate e dalle antenne corte. Non ho mai ringraziato abbastanza la cavalletta, che in un giorno qualunque, rinviò il mio supplizio.

 

Letto da Letizia Vicidomini

©Francesca Rossetti, 2019

©Immagine di Sandra Giammarruto, 2019

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *