Amori di merda [11] di Roberta Lepri

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Presto è tardi

Ada è il tipo di donna bella allegra e magra, pronta a sostenere quelli che ama. Che gli altri si appoggino a lei da destra o da sinistra, la sua forza palindroma è pronta a fare da puntello e a dare una mano a tutti. Così hanno fatto i genitori, i due mariti che ha avuto, i figli non suoi che ha cresciuto. La sua forza è tutta nei nervi, ha lo scatto del cavallo da corsa. Oggi, però, piange.

La chiesa è colma di gente, Miki se ne sta in un angolo, le mani in tasca, le spalle incassate, da pugile suonato. Lo sguardo a terra. Non sa proprio dove appoggiare gli occhi. Ovunque ma non lì sopra.

Patrizia ha un posto in prima fila, come sempre. Schiena dritta, seno abbondante, capelli biondi freschi di parrucchiere, le Marlboro che pulsano nel taschino del giaccone. All’ostensorio tutti si alzano, lei no. Sono trentadue anni che non può farlo.

I suoi migliori amici. I suoi di lei, di Rita. Una qualsiasi. Qualcuno dice straordinaria. Lei avrebbe detto di no, faccio solo cose normali, tutte quelle che mi piacciono. Più ce ne stanno e meglio è. Ora non potrà più farne nemmeno una. Tutto quello che è stata si riduce a una cassa di legno con una targhetta di ottone. Verrà ulteriormente ridotta, perché voleva essere cremata.

La sua bambina non è venuta. L’ha trovata nel mondo, Clara, scelta nel mazzo come l’unica reale possibilità di essere amata e compresa da un altro essere umano. Si sono annusate e prese per mano. Così poi alla fine è diventata sua figlia per davvero. Nel mezzo, fino al giorno in cui Rita non è morta, ci sono stati centinaia di libri, alcuni amanti, giorni di telefonate, tante risate e molte lacrime. La sua bambina è restata nel paese del freddo, e obbedendo a un suo preciso ordine ha riunito un pugno di gente straordinaria e ha dato da bere prosecco a tutti per dodici ore di fila. Glielo aveva consigliato più volte, di decidersi, di farsi avanti. Ma Rita era ostinata e timida e non aveva voluto

Miki ha voglia di vomitare, vede che Patrizia gira la carrozzina e gli si avvicina. Non vuole parlarle, non lo hanno mai fatto, non si conoscono. Rita era il collegamento ma finora loro due non si erano mai incontrati. Rita che non c’è più. Si deve abbassare per permetterle di soffiargli due parole nell’orecchio. Risponde al soffio, respira a sua volta. Poi pensa che morirà anche lui, ed esce velocemente.

La messa continua. Il prete chiede se qualcuno vuole dire due parole. In memoria di.

Ada palindroma, è il tuo momento. Rita era così. Lei dunque era così, così come era. Né più né meno. Tutti annuiscono. Gente dal volto sfuocato. Invece Patrizia sorride. No, ride. Si appoggia alla bara e scoppia in una risata. -No, scusate. io gliel’ho chiesto, Rita. Davvero, io gliel’ho chiesto al posto tuo e non puoi neanche immaginare cosa mi ha risposto. No, davvero, amica mia eri proprio scema. Eppure era una domanda così piccola, una cosa da niente. Non capisco proprio perché tu non abbia mai voluto farla. Donna cretina, eri questo: una donna cretina. Diciamolo. – E ride.

Poi guarda Ada con espressione stupita, perché non riesce a ricordarsi com’è morta Rita. Nemmeno Ada lo sa. Nessuno. Nessuno lì riesce a ricordarselo. E Miki? Miki, fuori dalla chiesa, potrebbe forse saperlo? No. Neanche lui, impietrito dal dolore e con le mani in tasca. – Qualcuno sa come sia morta Rita?? –

Che strano.

Whatsapp fa vibrare l’Iphone, è la sua bambina a riportala in vita. Rita fa un salto, oddio che schifo, che storia d’amore di merda, che sogno schifoso, è sudata, la pizza a pranzo, al mare, la pennichella, follia pura. Salta sul lettino, sulla sabbia, sulla passerella. Su Ada e Patrizia. Le bacia. Belle le mie amiche, belle.

– Vaffanculo, Rita, sei tarantolata. –

Salta, ride, balla, torna indietro di corsa, afferra il telefono. Lui è il primo nell’elenco degli amici, il più chattato su Messenger, l’unico mai cancellato dalla lista degli sms ricevuti. Il più simpatico, il più timido, l’orso, quello stronzo, gentile, indecifrabile.

Miki, ora te lo dico.

© Roberta Lepri

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