ACQUAMARINA
La riconobbe subito.
L’avrebbe riconosciuta anche all’inferno.
Erano passati tanti anni, ma certe facce non si dimenticano.
La faccia di chi ha rubato l’amore della tua vita.
Il tempo le aveva chiazzato la pelle, tolto il biondo dai capelli, svuotato le guance, ma gli occhi, gli occhi erano rimasti quei due vetri azzurri e gelidi per cui Giacomo aveva provato un brivido e poi un altro e un altro ancora.
Poi la valanga: le scuse, i pianti, le promesse infrante, la vergogna di quel fidanzamento andato a monte per un paio di vetri azzurri.
«Tieni pure l’anello» le aveva detto lui. Un’acquamarina opaca da quattro soldi.
L’aveva buttato nel cesso l’anello, insieme alla sua vita, mentre Giacomo metteva la fede all’altra.
Non si era più sposata. Aveva scelto la cattedra più lontana che le avevano offerto.
Giacomo aveva divorziato anni dopo. L’aveva saputo da sua cugina Liliana, che non telefonava mai, ma quel giorno era in vena di confidenze.
«Non m’importa» aveva detto lei, buttando giù.
Ora però erano lì: due vecchie banane dalla pelle chiazzata, spinte in carrozzella l’una verso l’altra, nello stesso corridoio d’ospedale.
Lei aveva visto avvicinarsi quei due vetri azzurri e gelidi e ci aveva guardato dentro, fino in fondo, senza provare alcun brivido.
C’era il vuoto in quello sguardo da acquamarina opaca. Il nulla.
«Puttana» aveva gridato «Sei solo una puttana!»
L’infermiera si era bloccata.
Era la prima volta in tanto tempo, che sentiva la signorina Calesini scandire un’intera frase di senso compiuto. Lo riferì al dottore, che liquidò il fatto con un’alzata di spalle.
«È molto difficile comprendere cosa scateni una reazione in una paziente in uno stadio così avanzato del morbo di Alzheimer. Forse una forte emozione, o un cortocircuito nella memoria. Chissà… »
© Anna Martinenghi, 2016