5Fist time is very important
Ci siamo io, Gio’ e Massi. Abbiamo dodici anni e siamo amici per la pelle. Abbiamo fatto pure il patto di sangue, noi, ci siamo tagliati con una lametta sulla punta del pollice. Ecco, ci siamo noi tre e il giorno è quello giusto, quello in cui la merenda viene come dovrebbe venire, in cui la nutella è densa come da manuale e se scendi dalla bici al volo non puoi cadere. Ecco, Gio’ sta per farsela addosso, così in derapata arriva appresso alla siepe e scende al volo dalla bicicletta, non cade. «Devo fare la piscia!» strilla che lo sentono anche i sordi.
Io e Massi aspettiamo. In sella alle nostre fiammanti due ruote. «Che pezzente! Guarda che bici e guarda che scarpe! Scommetto che adesso se la farà sopra!» dice Massi, vestito da pranzo domenicale. Il padre è ingegnere, la madre maestra. D’estate va in Trentino.
Ma Gio’ torna contento. Ha in mano un giornale. «Guardate cosa ho trovato!» urla ancora come un ossesso, poi ride. Ecco, qui finisce la nostra infanzia…
… perché quando vedi per la prima volta quella cosa lì con gli occhi dell’ometto, poi cambia tutto. Nessuno di noi tre ricorda più il titolo della rivista. La portiamo lontano dalla strada, nessuno vuole tenerla, Gio’ ride, Massi fa il sostenuto, come se non gli importasse, allora la prendo io. Voliamo pedalando verso il parchetto. In lontananza, tre tizi giocano a pallone, uno è una schiappa, lo conosciamo tutti, Baiocco è il suo nome. Ma non c’è tempo per giocare, a noi basta Lei. E Lei è lì presente, per sessantaquattro pagine.
Così la conosciamo nei suoi sorrisi generosi, nel suo essere così alla moda, probabilmente un sacco buona, bionda, mora, o vero esempio di Rosso Malpelo. Anche di Verga, non è che ne manchi, per carità. Ma non ci attira come Lei. Eppure c’è un problema di fondo. A notarlo è proprio Gio’. «Sì, va bene. Ma come si muove?»
Ecco, qui finisce la nostra innocenza…
… perché poi ci si organizza ed è sempre un po’ una sfida. Le cose che capitano per caso vanno bene per il momento, ma la vita è sempre un aumento. Si fissano obiettivi, si alza il livello, e non solo quello, ed è sempre così, in maniera incontrollabile, continua. Così inizia il duello. Altro che patto di sangue. C’è un Alfa che gira, e non è un’auto, ma un dono. Tutti e tre la vogliamo, questa etichetta. Così ci mettiamo d’impegno. Che lo dico a fare? Massi fa lo spaccone e un bel giorno tira fuori la tessera. “Video Star” c’è scritto: «È di mio padre! Prendo a noleggio quello che voglio!» e noi abbiamo solo sconforto. «Dai, guardiamola insieme, ‘sta videocassetta!» dice Gio’, e l’altro, lesto come un furetto: «Col cazzo!»
Abbiamo solo una via, vederla dal vero. Senza esclusione di corpi.
Ecco, qui finisce la nostra imperizia…
… perché va be’, Massi se ne esce con una custodia nera e un nastro con scritto Fist Time. «Visto che deve essere la prima volta, ho scelto un titolo appropriato. Ma voi che ne sapete di inglese, ignoranti?» ci dice ghignando. Gio’ lo guarda stranito: «Ma sei sicuro che Fist Time stia per Prima volta? Perché mi ricordavo First, io…» e l’altro: «Taci ignorante!»
Io e Gio’ andiamo all’incrocio, lui abita a destra, io a sinistra. Ci salutiamo come due vecchi soldati, col colpo in canna. Ma il tramonto è lontano a venire, proprio come noi, onesti virgulti. Così dopo mezz’ora ci incontriamo di nuovo, così, per caso. Al piano primo della casa in costruzione, tra sacchi di cemento, putrelle e ferri da cantiere, all’altezza giusta per oltrepassare le vasistas dello spogliatoio femminile.
Ecco, qui finisce… no, qui inizia…
… perché la prima volta è importante: «Fist time is very important!» dice Gio’, anche se aveva ragione, con l’inglese e con tutto il resto. Non è che ci avvicinammo chissà quanto, o che scrutammo nel dettaglio. Ma a noi bastò saperla vera, onesta e fiera. Così scendemmo per l’impalcatura. Schivammo sacchetti e scrutammo pilastri. Convinti di essere una bella squadra. Proprio come oggi, io capomastro e lui carpentiere. Quel che successe a Massi, invece lo ignoriamo. Lasciò il paesello finita l’estate. Non volle nemmeno salutarci. Al diavolo il patto di sangue. Che era un po’ strano l’avevamo capito, ma che addirittura, figlio di maestra e di ingegnere, diventasse pugile, chi se lo poteva immaginare?
© Alessandro Morbidelli, 2015