Allungo la mano con lentezza, le dita tra le cosce fasciate dalle autoreggenti nere, guardo verso la webcam con occhi languidi e sbatto due o tre volte le ciglia finte, labbra socchiuse e lingua che fa capolino. Senza occhiali non ci vedo bene ma capisco che la lucetta rossa è accesa e quindi sono online. Finora è andata bene, gli incassi sono buoni e non posso lamentarmi.
Oggi però sono nervosa, non l’avevo mai fatto di mattina, di solito inizio a mezzanotte, quando lui dorme. E poi comincio a essere stanca, non so che ore siano, ma è un po’ che sto qui e ho diversi clienti collegati. Per essere appena le nove, in questi tempi di reclusione forzata per il virus, tutto sommato non è male.
Non devo distrarmi. Il ronzio del vibratore c’è, ma non copre i miei gemiti studiati mentre mi muovo sinuosa sul lenzuolo viola, spostandolo su e giù, dentro e fuori, accarezzandomi i capezzoli con le dita e accelerando il ritmo dei respiri. Spero solo che lui non si svegli, al mattino ha il sonno più leggero.
Proprio mentre lo penso, sento dei rumori di là dalla porta. Oh cazzo, si è svegliato, lo sapevo. No, no, no, no! Adesso, se mi becca…
Calma, non farti prendere dal panico.
Guardo in webcam, spalanco la bocca in un gemito orgasmico e butto lì uno strascicato: «Ciao, devo andare ma ci vediamo presto», con il mio miglior sorriso fasullo e un’occhiata che spero sia sexy, ma temo sia solo spaventata.
Devo far sparire tutto, non posso rischiare. Di là continuano a venire rumori preoccupanti. Uno sbadiglio, una porta sbattuta. Meno male, è andato in bagno, la prima cosa che fa appena sveglio è andare in bagno. Per la pipì almeno un paio di minuti ci metterà, ce la posso fare.
Mi precipito giù dal letto, ho le mani che tremano e il cavo mi sfugge due volte, ma alla fine riesco a scollegare la webcam. Mordo un labbro e impreco sottovoce mentre chiudo il portatile, nascondo il vibratore sotto il materasso e infilo la vecchia vestaglia con le rose sbiadite che gli piace tanto, anche se ha qualche macchia di caffè sul davanti.
Sto andando alla porta quando mi ricordo delle autoreggenti. Cazzo, se le avesse viste, come gliele avrei spiegate? Le sfilo rimanendo in piedi contro la parete e le mando a tener compagnia al vibratore. Il rossetto, devo toglierlo, ci manca solo che mi veda con il rossetto al mattino presto. I kleenex. Li ho lasciati in bagno, cazzo. Mi guardo intorno, recupero il perizoma dal materasso e lo uso per pulirmi le labbra. Tanto è tutta roba mia. Un’ultima occhiata di sguincio allo specchio meno male che c’è lo specchio anche qui nella stanza degli ospiti e vedo le ciglia finte. Me le strappo e le infilo nella tasca della vestaglia. Dovrei essere a posto. Da là arriva attutito ma inconfondibile il rumore dello sciacquone.
Scommetto che non si lava neanche le mani, non lo fa mai. E adesso piomba qui.
Devo stare tranquilla, devo stare tranquilla, devo stare…
Asciugo con la manica la fronte sudata, raddrizzo la schiena, tiro un sospiro lungo e arrivo alla porta proprio mentre lui gira la maniglia per entrare.
Speriamo che non si accorga di niente.
Mi stringo addosso la vestaglia e spalanco la porta con un sorriso, sperando che non si veda la tensione. Lui è lì, a piedi nudi come al solito, che si gratta la pancia con il pigiama che gli pende da una parte e l’aria insonnolita. Per un momento che a me sembra eterno mi squadra tutta, dai piedi nudi alla fessura tra i seni che spunta dalla vestaglia, fino ai capelli sconvolti. Mi sento radiografata e ricomincio a sudare. Che cosa avrò dimenticato?
Poi sfodera il solito broncio da risveglio solitario, allunga una mano e sbotta: «Mamma, per colazione mi dai la Nutella?»
©Euro Carello, 2020