E io non lo so
in quale punto del foglio
appoggiarmi per crescere
e diventare maiuscola che ricomincia
Il vuoto trova una sua collocazione sul foglio bianco, lo possiamo vedere ridotto a rettangolo, confinato in uno spazio che ha margini di contenzione. E allora diventa più simile a noi, ci appare come cosa che ha un alto e un basso, un inizio e una fine. Forse, possiamo pure azzardare l’idea che abbia una testa e si regga su due piedi.
Allora cominciamo a guardarlo con una paura minore, ci appare sconosciuto ma non più estraneo, diverso ma non alieno. Un vuoto disponibile ad accoglierci, farci entrare, renderci suoi ospiti per qualche ora. Un vuoto che potrebbe offrirci il caffè e raccontarci cosa significa vivere senza nome né volto, sapere di esistere ma non averne alcuna prova, perché a lui è negato anche il respiro e il battito, a lui non è dato conoscere il rumore della vita dentro. Potrebbe persino farci compassione, rivelarsi gemello di una nostra mancanza, parente stretto di ciò che ci resta accanto quando tutto se ne va. Ti capisco, gli diremmo, indicami il punto in cui tieni la mano. In alto a destra? Al centro? Margine sinistro? Dimmi, che così te la stringo e ci raccontiamo insieme. In un respiro a due, nel segno della maiuscola che ricomincia.
©Elena Mearini, 2020