Viandanti e viaggiatori [8] con Ivano Porpora

dal web

ANNUNCIO MATRIMONIALE

AAA.

Cerco donna tra i 28 e i 42 anni scopo matrimonio, o, nel caso, convivenza. Andrebbe bene anche un rapporto a distanza, qualcosa però di limitato al raggio di 150 km al massimo da Viadana (e possibilmente raggiungibile con i mezzi pubblici), quindi – dando piglio a un po’ di tolleranza, dovuta in caso di rapporti affettivi di un certo rilievo – a quella sorta di, diciamola così, quella sorta di stella che si viene a creare tra le province di La Spezia (152 km secondo Google Maps), Pavia (145 km), Milano (152 km), Vicenza (142 km) e Imola. Firenze ne resterebbe esclusa, impennandosi i chilometri oltre i 175; ma se la donna in questione fosse automunita e volesse venirmi incontro, diciamo, a Roncobilaccio, ecco che torneremmo sotto la soglia massima di quella decina di km buoni e al contempo, se torna utile, conoscerei anche un posto delizioso dove mangiare pappardelle al cinghiale e bere dell’ottimo vino – che faccia caldo o che piova, a dirotto, vuoi mettere?

Si tratta di un’osteria a Castiglione de’ Pepoli, solo qualche chilometro da lì; andai in vacanza con degli amici che poi non si rivelarono amici, uno disparve – ma la vita lo fa, non gliene do quelle grandi colpe -, piangeva a dirotto per la sua amante che non l’amava abbastanza, poi tornava ad assestarsi i capelli; l’altro nel momento in cui si trovò spalle al muro e dovette decidere tra aprirsi a sua volta come chiedeva a me o fuggire, non ci pensò un attimo e sbatté la porta. Il conto dell’osteria non fu salato, quello dell’amicizia salatissimo; ma insomma, i casi della vita ti chiedono anche di doverti far carico dell’intero scontrino, non è vero?

Al primo appuntamento pagherei io. Non si tratta di galanteria, ma di semplici buoni costumi: è buon costume che un uomo paghi al primo appuntamento, e se non ha i soldi per farlo che inviti a un kebab; è buon costume che l’uomo offra se invita a cena, nel mondo ci sono regole ben peggiori di queste, a pensarci, ci sono gli ausiliari del traffico, i centri massaggi con l’happy ending e Enrico Brignano, una cena potete anche accettarla. Il galateo, la donna di cui sopra dovrebbe saperlo, non è una quantità di norme ingessate o non è rapportabile a quelle spesse tende che coprono la vista della vita interna degli appartamenti a lutto, ma che contemporaneamente impediscono a questa la luce; è più un modo disinvolto per ricordarci che siamo umani, e che questo essere umani fa anche sì che il gesto, per quanto gratuito, non risulti scontato.

E poi, non siamo barboni: chi è parco di portafogli è parco di tutto, di amore, di tutto, di sesso, tutto, testa, che vuoi che sia il cuore per lui che lo incarta dentro banconote da dieci euro tutte ben riposte?

A proposito della cena, non mi sarebbe di disturbo alcuno se la donna in questione fosse vegetariana. Mi creerebbe problemi il veganesimo, più per praticità che per altro: se non possiamo mangiare uova, carne e pesci, latticini di ogni tipo e quanto al momento sfugge alla mia pur fervida immaginazione, posso pensare di poter ordinare singoli pasti, e cucinarli; ma cosa accade quando a questi si sostituiscono periodi, se non – diciamocelo – una vita intera?

Tanto più che la donna di cui sopra (e lo ricordo: 28-42, 150 km max, in armonia con le minime leggi della cavalleria), è auspicabile che sia godereccia e si goda i trionfi della tavola non meno di quelli del letto.

Non mi dispiacerebbe affatto, se per caso è possibile indugiare ancora un momento su questo punto, se dovesse affrontare le minime restrizioni post-natalizie e pre-vacanziere, condite di iscrizione in palestra, piccole rinunce, abitini che stanno purtroppo stretti, mi trovi grassa?, se già vai in farmacia guarda se c’è questa crema, me ne hanno parlato un gran bene. Ma al contempo gioirei se battesse le mani e quasi squittisse di fronte a un tagliere di salumi e formaggi, magari conditi da marmellate e mieli; e ovunque andassimo godesse con me dei piatti locali, da quelli più leggeri ai caratteristici, senza mai disdegnare una frittura di pesce o un panino con la salsiccia ai bordi della strada, smettila di dare i calci al pietrisco, ma lascia lì, senti che bel suono. E con lei non esiterei a prenotare i posti del mio cuore, quelli che già conosco o che da una vita mi chiamano ma che per vari motivi non ho visitato: da Napoli che nulla riesce a rendere quanto la rappresentazione della Fortuna, bendata e col ciuffo posteriore tagliato perché una volta passata non l’acciuffi più, a Marsiglia, che per me è una Napoli in cui ceffi d’ogni etnia hanno poca voglia di parlare con te e troppo da crescere; da Siviglia la rovente a Istanbul la memore, da Praga in giro per le birrerie di Hrabal a Palermo. E ancora via e via, giù per treni e macchine, funicolari, tienti forte che si sale, amore, tienti che si scende…

(E camminasse, spero che le parentesi non siano di sovrapprezzo, ma è importante essere precisi, stiamo parlando di vita, non di carabattole, camminasse con me, non siamo stitici nelle energie, guarda, una chiesa, entriamo, copriamoci il capo entrambi, ti pare?, senti questa canzone, sono i Rem, lo so, ma sentila uguale, senti come canta meglio Michael Stipe da quando siamo io e te).

E ovunque dovessimo andare, non esiterebbe a portare con sé tutta la meraviglia che si porta addosso. E mi direbbe mille e mille volte: perché mi guardi così?; e io non risponderei, tacerei, la meraviglia ti taglia la lingua, zitto!, mi dire, mi implorerei zitto!, ancora zitto!; o le direi solo: Perché sei tanto bella che il cuore mi è colato a picco, fa freddo e ci sono le correnti che mi portano via, là sotto; e non lo speravo più.

Va da sé che dovrebbe avere gusti suoi propri, e non miei, ché non c’è persona più noiosa di chi dice di continuo: Ciò che preferisci, e Quale che sia la tua parola, e A uso e consumo tuo, amore. Sto già da troppo per conto mio, e i miei gusti li conosco – mi annoiano quasi a me, da qui a poco; mi piacerebbe che vi si opponesse coi suoi, svellesse la mia libreria e innestasse la sua, mi facesse le orecchie ai Brodskij e agli Shaw, a Fenoglio, e i miei dove li hai messi?, te li ho buttati via, sai fare di meglio; e che ciò che ne risultasse fosse solo vita, schiantando lei col suo corpo contro me col mio, le folgori nascono dal ferro su ferro, ferro su ferro.

Non dovrebbe essere necessariamente una lettrice, ma una consumatrice di prodotti culturali sì, eccome. Che sia cinefila, melomane o amante del teatro, o magari più di una di queste insieme, mi piacerebbe che avesse punti di contatto con me e punti di disaccordo; intendendo proprio con punti i punti di sutura, la ferita s’apra, si chiuda, si apra ancora, quanto sangue che hai lasciato, si vedono le tracce che portano a te. Ma tutto potrebbe trovare un accordo meraviglioso nel letto. Non pretendo una continuità coniugale che, mi rendo conto, potrebbe venire anche a noia; ma propongo una media settimanale di 3, 4 incontri a salire, da raddoppiarsi nei mesi estivi, giusto per sancire un’alleanza tra le lenzuola. Parlo di lenzuola solo per non sforare le leggi non scritte di questo giornale, ma non è affatto detto, sia chiaro, che solo nel letto andrebbero esplicate tutte le meraviglie che madre natura ci ha donato: sarebbero apprezzati il divano, l’auto, i bagni – puliti, via, quello posso concederlo – di una qualche utenza, certamente i campi, ci pungeremo il culo con le ortiche, mio Dio che male, mio Dio che bene; nonché tutto quanto potesse far frizzare fantasia e membra mie e sue.

Non ho limitazioni dal punto di vista fisico, o desideri particolari: diciamo che sono un discreto amante dei capelli corti tagliati a maschietto – ma ho memoria di amanti meravigliose ricce, o coi capelli mossi alle spalle o più giù, o con le treccine -, dei nasi importanti, delle labbra carnose; del seno quale che esso sia, carnoso e intenso o piccolo e delicato, con una lieve preferenza nei confronti del primo; dei fianchi larghi e del sedere sodo, o culo, sia detto senza offesa. Per quanto attiene al pelo pubico, gradirei tantissimo che non si seguisse la moda della completa rasatura: sono amante del piccolo giardino ben rasato, diciamo così, come se fosse un prato che la natura ci ha dato e che spetta a noi mantenere in ordine, andarlo ogni tanto a curare con un rasoio, ogni tanto umettare con una lingua.

Sull’abbigliamento ho poco da dire oltre al fatto che amo le salopette e le canotte indossate senza il reggiseno; son solo desideri, però, che attengono alla sfera dell’immaginazione e non a quella della realtà. Diciamo che non mi opporrei se indossasse una mia t-shirt e miei boxer, o se d’inverno mi chiedesse un maglione, tutta intirizzita: sarebbe il momento in cui gli abiti che di solito mi coprono troverebbero finalmente la loro giusta collocazione.

Sulle auto, non mi piace dirne. Ho vissuto troppo tempo a subire ironie sulle mie, prese per difficoltà economiche e non per tirchieria, perché ne dica male. Mio padre è morto, e io con lui, e ho sentito il clangore dei rottami anche quando non c’è stato; allora non mi canzoni per quella che ho, mai, se mi porterà da lei anche se per farlo dovessi perdere una sportella, fondere il cambio, scendere in folle con folli rincorse. Anche perché le auto vanno valutate per cosa sono: strumenti di viaggio, e portatrici di cruscotto per appoggiarvi i piedi, e strumenti musicali, senti come s’intona questa canzone, sono i Queen of the Stone Age, il passo appenninico lo ritma che è un incanto.

Infine, a pensarci ora, una piccola richiesta che ha a che fare con questo annuncio – questo, che vado a terminare.

Spero vivamente che lei non ci s’imbatta mai; e anzi, che ne sia la negazione evidente, totale. Che sia presuntuosa, che mi prenda a ceffoni e io lei, mi dica: Andiamo a tagliarci la barba, che mi pari Giannini, e io le dica: Andiamo, aspetta che prendo le chiavi, andiamo. L’appartamento che rimarrà vuoto di noi avrà un gran profumo, i piatti sono da lavare e la lavatrice da svuotare, non hai rifatto il letto ma guarda questo appartamento come sa di noi, mi mancava, io so poche cose ma di questo sono ben convinto.

©Ivano Porpora, 2018

BIO-BIBLIO

Ivano Porpora nasce a Viadana (MN) il 12 marzo 1976 da padre napoletano e madre mantovana.

Laureato in Scienze della Comunicazione, dopo aver svolto diversi lavori in ogni ambito ha esordito nel 2012 e da allora si è concentrato sull’ambito letterario.
Ha pubblicato due romanzi (La conservazione metodica del dolore, Einaudi 2012 e Nudi come siamo stati, Marsilio 2017), un libro di poesie (Parole d’amore che moriranno quando morirai, Miraggi 2016), una favola per bambini (La vera storia del Leone Gedeone, Corrimano 2017), un libro di fiabe per adulti (Fiabe così belle che non immaginerete mai, LiberAria 2017).

Scrive di fumetti su Scuola di fumetto, tiene corsi di scrittura in giro per l’Italia.

Il suo ultimo romanzo in uscita a ottobre per Marsilio,  L’Argentino.

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