Navigare a vista [5] di Barbara Garlaschelli

© foto di Mirko Chessari

Scriveva Anais Nin nei suoi Diari  mentre era a New York nel 1935: “Quanta paura dei rapporti c’è qui! Non si parla insieme. Si beve, per ottundere tutte le emozioni e i sentimenti. Non c’è senso di ricchezza, di pienezza, di espansione. Hanno tutti il terrore dell’intimità e di conseguenza sono alienati, soli.”

Questa di cui scrive Anais Nin è la paura che più mi fa  paura. Il terrore dell’intimità, dell’incontro che va più in profondità di un semplice saluto o di una conversazione banale e che resta a scivolare sul ghiaccio dell’indifferenza. Tu parli, chi è con te ti parla, ma alla fine non ci si ascolta.

Esistono paure “necessarie”, che in qualche modo ci difendono, ci proteggono (e la regola numero uno è PROTEGGERSI CONTINUAMENTE. Ricordate Million dollar baby?), ma se sono portate all’estremo, se diventano le padrone incontrastate della nostra vita, ci impediranno la conoscenza con l’intimità, non solo degli altri (che non è sempre indispensabile) ma di noi stessi (che invece mi pare di sì. Indispensabile, intendo). E senza conoscenza non c’è comprensione e senza comprensione resta solo la paura.

Ho scritto spesso di paura. Non come molti pensano perché sono stata (sono?) autrice di noir. Il noir è solo il mezzo per arrivare a un fine. E il fine era/è raccontare della paura di vivere, della sua necessità e delle necessità di superarla. O, quanto meno, di trovare strategie per conviverci e non lasciarsi inchiodare per sempre alla sua croce.
E’ stato così con Alice nell’ombra, Sorelle e Non ti voglio vicino. Lo è stato anche, pur se quasi ridendo, in O ridere o morire. E in modo più romantico con Carola. Lo è stato conSirena, più che mai.
Lo è sempre.
Raccontare la paura che, poi, per quel che mi riguarda, è una sola: quella di non essere all’altezza della propria vita. Aver paura di mostrarsi per ciò che si è, avere paura di amare e di essere amati, avere paura di “sporcarsi le mani” con l’esistenza.
Alla fine, un po’ come essere vivi senza riuscire a respirare.

E non si naviga a vista senza fiato.

© Barbara Garlaschelli

PS: ho linkato i booktrailer di Sandra Giammarruto (Non ti voglio vicino e Carola) perché sono meravigliosi. E perché rendono alla perfezione cosa intendo per “paura”.

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