La valigia di cartone [22] di Raffaele Rutigliano

22.

Sveglia alle 7:30. Faccio colazione, Giampaolo prepara un ottimo caffè. Scambio battute con Barbara, parliamo un po’ di tutto, dei quadri appesi ai muri, dei libri, di noi. E di progetti futuri.

Il contatto con le persone mi aiuta a capirle, a conoscerle. E spesso il mio presentarsi è anche solo per una stretta di mano, per un grazie. Tanto che il grazie, ora, è passato in disuso. Nessuno più dice: “Grazie”.

E dopo saluti col “ci rivedremo presto”, risalgo in auto, questa volta: direzione Roma. Questa volta è per davvero. Per tornare a casa, per portare indietro la mia valigia di cartone carica di una nuova esperienza. Perché ho avuto modo di appurare la vita dei frontalieri, che hai bisogno di avere delle carte giuste, non quelle d’imbarco per la luna, ma quelle fondamentali per poterti “vendere” al meglio sul mercato del lavoro, perché se si vivesse di sola arte, dovresti non avere famiglia, dovresti non permettertela, devi essere solo, perché la responsabilità di un figlio non è cosa da sottovalutare. Per quel che mi riguarda mio figlio è tutto, è passargli la giusta educazione, fargli vedere il mondo attraverso i suoi occhi, non sottovalutarlo mai, renderlo forte, insegnargli cosa è l’amore, anche se lo vivrà a sue spese. A lui ho giò donato un libro. Ora gli dono l’essere un padre migliore. Almeno lo spero, ma ne sono certo. Sono certo che apprezzerà questo mio essere.

A mia moglie, invece, va tutto me stesso, corpo e mente. Magari il corpo può migliorare col tempo e un po’ di palestra. Ma la presenza e sicurezza restano capi saldi in questa realtà onnivora.

Arrivo!

[ FINE]

© Raffaele Rutigliano, 2014


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