Gli Involuti [12]

UNA BRUTTA COMPAGNIA

Il vecchio John è sordo come una campana, lo è sempre stato, almeno da quando io sono il suo vicino di casa e sono passati un bel po’ di anni. Quando non si mette l’apparecchio acustico è un disastro; non sente la sveglia, il televisore rimane acceso giornate intere con il e il postino suona sempre sei, sette, otto volte senza fortuna. Proprio com’è successo stamattina.
«Jack, puoi firmare tu per cortesia? John si sarà addormentato sul divano come al solito» mi ha chiesto stamattina Zacary, il portalettere. Lo conosco da quando stava nella pancia di sua madre, quindi si fida di me. Mi ha indicato la riga su cui scrivere. Io senza occhiali sono cieco quasi quanto John è sordo senza apparecchio acustico.
Il pacco era un bel po’ pesante. Arrivava dall’Arizona o del Texas: non sono riuscito a leggere bene, perché il timbro era davvero piccolo. Che contenesse coltelli, invece l’ho capito da me, perché erano disegnati ovunque. Mi sono chiesto cosa diavolo potesse farci un vecchio ottantenne sordo di tanti coltelli. Così, portandomi dietro tutto quel peso mi sono diretto verso la sua porta, con l’intenzione di chiederglielo di persona e fare quattro chiacchiere con lui.
Il cancello del vialetto era spalancato, come l’aveva lasciato il postino. Ho portato il pacco fin davanti alla porta di casa e ho scampanellato forte, ma neanche per me c’è stata risposta.  Ho bussato e chiamato John ad alta voce e anche il suo cane, ma niente. Allora ho lasciato il pacco sulla soglia e sono andato sul retro, dove John coltiva un piccolo orto e ha tanti alberi da frutto. I pomodori risplendevano nel sole pieno del primo pomeriggio e macchie viola di melanzana sbucavano fra il verde delle foglie. Del vecchio John nessuna traccia. Il sole era davvero forte e ho messo una mano davanti agli occhi, maledicendomi per aver dimenticato ogni tipo di occhiale. La vecchiaia è davvero una gran brutta compagnia. Anche la porta sul retro era aperta. «John!!» ho gridato di nuovo. Non volevo sorprenderlo o spaventarlo: so quanto sia straniante non vedere bene e immagino valga lo stesso per chi non sente, ma nessuno ha risposto. Cominciavo davvero a preoccuparmi.
Sono entrato in casa con cautela attraversando la veranda, il corridoio e il salotto. In sala da pranzo tutto era pulito e ordinato, come al solito. Mi sono rasserenato: forse il John stava davvero dormendo. Stavo pensando di andarmene e tornare più tardi, quando all’improvviso Mango, il basset-hound di John – vecchio quanto – lui è schizzato fuori dalla cucina, come impazzito. Ho fatto un salto per lo spavento. Era imbrattato di sangue, ansimava e aveva gli occhi fuori dalle orbite. Doveva essere spaventato a morte per correre così, lui che di solito si trascinava con la lingua e le orecchie a penzoloni, floscio come una catena di salsicce. Mi sono avviato verso la cucina, seguendo le sue zampate rosse. Il cuore dalla gola mi è passato nelle orecchie, tanto batteva. Ho spalancato la porta, pronto a battermi con chiunque, ma niente poteva preparami a ciò che avrei visto.
La cucina era sottosopra: macchie rosse e vetri rotti ovunque. Il vecchio John di spalle, era rivolto verso il lavandino, colmo di piatti e pentole sporche. Imprecava a voce alta contro Mango. Aveva le mani coperte di sangue. Pensai ai coltelli nel pacco. Smisi di respirare. Ero stato amico di un serial killer per anni, senza rendermene conto. Forse le donne che John aveva fatto a pezzi – perché di certo doveva aver fatto a pezzi qualche donna – erano sepolte nell’orto e ora facevano bella mostra di sé nei pomodori e nelle melanzane. Rimasi immobile, annichilito dalla paura.
John ruotò il rubinetto imbrattandolo di rosso e infilò un dito sanguinante sotto l’acqua. Di quella che pensavo essere una ferita non rimase alcuna traccia. Sotto il rosso sangue riemersero i guanti gialli di gomma, per lavare i piatti. John si girò di scatto. Gridai. Gridò.
Gridammo.
«Cosa diavolo stai facendo?» sono riuscito a dire solo dopo essermi ripreso un po’.
«Un disastro!» mi ha risposto ansimando. «Quell’imbecille di cane ha giocato a bowling con le mie bottiglie di conserva. Hai visto che casino ha combinato? Ho sprecato tutta la passata e dire che non avevo mai avuto pomodori così belli come quelli di quest’anno!».
Siamo andati avanti a gridare per un bel po’, perché John senza apparecchio acustico, è sordo come una campana e io, senza occhiali, resto cieco come una talpa e mi è facile confondere il sangue con la salsa. Accidenti, vecchio mio, la vecchiaia è davvero una gran brutta compagnia.

©Anna Martineghi, 2018

Condividi: